domenica 31 agosto 2014

RECENSIONE Senza Candeggio n 64 "L'Uomo che Amava le Donne" F.Truffaut


Titolo: “L’Uomo cha Amava le Donne”
Autore: Francois Truffaut
Edito: Tascabili Marsilio
Numero pagine: 94
Mese: Giugno 2014
Motivo che mi ha spinto alla lettura: il mio insegnante di scrittura creativa.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.

Ora.
Senza cadere in facili buonismi e in irritanti ruffianaggini ma limitandosi semplicemente ad un fatto di oggettiva riconoscenza, devo ammettere che personalmente devo molto al mio insegnante di scrittura creativa.
Il nostro è stato un idilliaco rapporto fatto di odio e amore, dove io non apprezzavo molto il suo pompante ego e narcisismo, ma al contempo, rimanevo ammaliata ogni volta che apriva bocca su un tema letterario, o davanti alle dritte dirette ed efficaci che era capace d’inculcare nella mia testa in maniera semplice ed immediata, non cadendo mai nel banale.
Sui motivi invece per cui lui amasse e al contempo odiasse la mia persona non intendo far cenno, sostanzialmente per il fatto che non ha nessuna rilevanza.

Il mio insegnante, ci andava pazzo, per Truffaut.
Io prima di Giugno, prima de L’Uomo che Amava le Donne, non avevo mai letto nulla di Truffaut.
Questo per un errore di pregiudizio, non certo nei confronti del mio insegnante ma in quello degli artisti francesi.
Truffaut ce l’aveva sempre sulla bocca, il mio insegnante, e ho conosciuto più l’artifizio della sua penna che della sua cinepresa.
Non mancavano termini di paragone ed esercizi di scrittura dettati dalla combinazione della mano del francese e dalla mente del mio insegnante.
E quando in aula venivano letti estratti di questo scrittore pensavo et voilà ecchici a la sagra dell’orgoglio pavone.
Non lo nascondo, pensavo esattamente a questo.
Un narciso che leggeva cose di un vanesio, pensavo Vaccassalaputtanassa potrò mai sopravvivere a tutte questo? Dove sono la mia birra e il mio panino con la mortadella?

Poi sopravvivevo e mi sembrava pure di migliorare, visto che stiamo facendo i sinceri. O per lo meno, mi si aprivano nuovi orizzonti.

Però il mio primo libro di Truffaut l’ho comprato a distanza di due o tre anni dal corso di scrittura eh?!
Che magari sì, gli estratti la mente me l’avevano aperta, ma mi pareva sempre che ci avevo da leggere altro, prima di Truffaut. Ognuno ha le proprie esigenze, inutile star qui tanto a sindacar, giusto?

Va beh.
Sono andata in libreria che avevo lo sconto nella tessera da usare.
(5euro di sconto)
Io quando entro nelle librerie è meglio che non ci entro perché finisce sempre faccio malanni, ormai mi sa che a casa ho più libri da leggere di libri che ho già letto.
C’ho pure dei doppi, tanto per far capire quanto male sono messa.
Mi parte l’embolo, quando sono là dentro, come a certi parte quando entrano in un negozio di vestiti, o in una ferramenta.
Allora, siccome avevo lo sconto (ben 5 euro di sconto)  e a casa un sacco di libri nuovi da leggere, mi è sembrato logico andare a spendere un pochi di soldi, che quando mai mi ricapita nella vita di avere 5 euro di sconto?
E’ stato in quel momento di mania compulsiva, che ho visto sullo scaffale L’Uomo che Amava le Donne. L’uomo che amava le donne, è il titolo di un libro, non una persona.
O meglio, nel libro è una persona, ma sullo scaffale era un libro. Ci tengo a precisarlo che il mondo è pieno di pignoli e magari qualcuno era già lì, pronto a immaginarsi una specie di maniaco che si nascondeva tra i ripiani.

Quindi, ho posato a terra la pila di 8 libri che avevo nelle mani, e ho aperto quello di Truffaut.
Dove l’ho aperto cominciava così “Nulla assomiglia a un funerale più di un altro funerale.” E niente, me son subito ciapà ben.
Ho chiuso un occhio sul fatto che fosse impaginato di merda, sempre per via del fatto che avevo lo sconto, credo.

In questo romanzo, i protagonisti trombano ma continuano a darsi del lei. Il perché non lo so. Uno può pensare perché è ambientato nel 1200 e invece no perché siamo nel pieno della consapevolezza sessuale degli anni 1970. Non so se in Francia si usa fare così, io in Francia non sono mai stata.
Ma direi che possiamo andare anche oltre.

L’Uomo che amava le donne, è un libro dentro nel libro, anche se personalmente la storia narrante l’ho trovata più piacevole di quella battuta a macchina.
Ma è anche un gioco di specchi in cui capiamo di essere finiti dentro solo alla fine, quando nell’ultimo capitolo l’io narrante passa da un punto di vista soggettivo a uno oggettivo.

Del signor Bertrand (che è il protagonista) abbiamo pochi indizi.
Intanto, sappiamo già dall’inizio che muore, per cui credo la curiosità di scoprire come sia finito sotto terra ci spinga a procedere nella lettura.
Sappiamo che è un ingegnere.
Non ci è dato sapere il suo aspetto fisico, ed è difficile immaginarlo in quanto Truffaut ci fornisce pochi dettagli in merito, ad ogni modo Bertrand è uno che cucca alla grande. Io per rendermi la vita facile me lo sono figurato nella testa una cosa tipo Mel Gibson, giusto così, perché a me il Mel fa sangue.

Truffaut mi ha divertita, devo ammetterlo.
Ero partita male con questa convinzione di trovarmi davanti all’ennesimo francese pompato, orgoglioso e pieno di sé, o meglio, Truffaut è decisamente auto celebrativo ma riesce a non rendersi antipatico proprio grazie al suo elegante e sottile umorismo.
Esattamente come il mio insegnante di scrittura creativa.


domenica 24 agosto 2014

RECENSIONE Senza Candeggio n62: "QUESTE STANZE VUOTE" Massimiliano Maestrello




Titolo: “Queste Stanze Vuote”
Autore: Massimiliano Maestrello
Edito: La Gru
Numero pagine: 215
Mese: Giugno 2014
Motivo che mi ha spinto alla lettura: questioni d’affetto.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.

Quando il mio amico Mona mi ha detto Va’ che è uscito il mio libro sono stata felice per lui, come quasi ce l’avessi fatta anch’io.
Ma avevo paura a leggerlo nonostante conoscessi le sue capacità e la passione che anima la sua penna.
Dare un giudizio obiettivo a un amico è sempre difficile, ovvio non lo è quando il rapporto è costruito su un allegro mandarsi a fare in culo senza paura di piegare qualche equilibrio.

Avevo voglia di leggerlo “Queste Stanze Vuote” ma non volevo allo stesso tempo essere di parte, che se c’è un qualcosa su cui vale la pena contare è la sincerità.

Prima di avere tra le mani il suo libro, avevo deciso che per essere il più neutrale possibile, avrei adottato un metodo.
Avrei preso altri due libri dalla mia libreria, libri dello stessa grandezza e possibilmente della stessa struttura grafica, li avrei rivestiti tutti –compreso quello del Mona- con della carta da giornale e solo poi, avrei cominciato a leggerlo scegliendone uno a caso, senza sapere quale fosse il suo ma sapendo che prima o poi, avrei cominciato a leggerlo.

Ma alla fine ho pensato che insomma, ho più di 30 anni e ‘sti escamotage non servono a nulla, che tutto sommato mi piace assumermi le mie responsabilità, ma soprattutto, la voglia di cominciare a leggerlo era di gran lunga superiore a quella di darmi al decupage.

Per cui è successo questo.
Una sera ho lavorato fino a tardi, una doccia veloce e poi via che la cosa più piacevole che possiamo concederci in queste sere, in cui l estate non s azzarda ancora a soffocarti col suo caldo ma il freddo ha smesso di mordere, è stare un po' d
i tempo con gli amici.
Sono uscita con loro e ho comprato un libro, questo libro.
Sono tornata a casa per quella che per il mio orologio biologico era ora tarda, ma non ho resistito.
Prima di chiudere gli occhi ho dovuto cominciare a leggerlo, per piacere mica per obbligo.
Almeno il primo racconto su sette, mi sono detta.

Sapevo già cosa m’aspettava, e ne ho avuto la conferma: uno scrittore capace di trasformare ogni singola parola in immagine, in grado di far partire una storia in una maniera facendola capitolare in un’altra. L'abilità di tenerti incollata fino all’ultima riga, la smorfia di un sorriso intrappolata tra la risata e il dubbio.
Nel giro di pochi giorni l’ho divorato.
Queste Stanze Vuote” l’ho letto in qualsiasi ritaglio di tempo possibile,
E’ bello quando ti ritrovi ad affrontare quel genere di libri da cui non riesci a staccare gli occhi, così come è bello leggere un racconto, buttarsi per strada e avere la sensazione di riviverlo, come se quelle parole non fossero solo scritte, ma come se parlassero attraverso le esperienze che ci sfilano sotto il naso tutti i giorni.

La peculiarità, la cosa che personalmente m’ha fatto più impazzire di “Queste Stanze Vuote” è stato il doppio uso degli intenti a cui ha ricorso Maestrello.
O almeno, io l ho interpretato così, sebbene lo stile pulito dello scrittore non ti chieda lo sforzo di farlo.
Sono i personaggi che ti chiedono di prestar loro questo genere d’attenzione.
I protagonisti urlano un urlo soffocato in questi racconti: ecco quindi che ad esempio un braccio comincia a prendere la forma e lo scopo di chi se lo porta in giro, oppure una ragazza che odia la matematica basa le proprie decisioni attraverso dei calcoli e all’occasionale comparsa dei numeri pari o dei numeri dispari, e poi ancora l’orgoglio, la violenza che scatena la violenza e lascia in bocca solo il gusto della ruggine, le case che si trasformano seguendo l’inadeguatezza di uno sto d’animo, un marocchino che forse è una mosca, il rimbalzare di un pallone che segue il ritmo di un ossessione molto più fragile e profonda.

Io, che il Max lo conosco di persona, posso dirvi che a vederlo con tutta quella barba lì che si porta in giro, magari mai lo direste.
Ma basta leggere il suo libro per capire che dietro a tutto quel pelo, si nasconde una grande  sensibilità, l’educazione nel rapportarsi con la gente, l’attenzione e il rispetto necessario a non ferire la stessa sensibilità degli altri non ponendosi mai al di sopra delle parti, l’umiltà atipica dello scrittore emergente capace di farsi in disparte e di trasmettere il tutto nei suoi stessi personaggi.
Personaggi mai presuntuosi, mai sfacciati, che si presentano a noi in punta di piedi lasciando comunque l’impronta del loro passaggio da qualche parte sulla nostra pelle, proprio là dove nasce la pelle d’oca.


 Potrei dire d essere orgogliosa d avere un amico così, e lo dirò, ma non voglio sembrare di parte.

Per questo concludo dicendo che dopo aver letto questo libro, ho fatto una cosa che non mi succedeva da tempo.
L’ho chiuso e ho cominciato a leggerlo un’altra volta.
Una conclusione che forse, potrebbe bastare.