giovedì 30 maggio 2013

RECENSIONE Senza Candeggio n.24 "IL MAGO DI OZ" -Baum, Prati, Colli

La Banda del Caciucco


Titolo: “Il Mago di Oz”
Autore: Frank Baum
Edito: Giunti junior
Numero pagine: 172
Mese: Maggio
Motivo che mi ha spinto alla lettura: ci ho da delle lacune.



RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’.

Che infanzia difficile dev’esser stata, la mia.
Io se qualcuno è pronto a credermi, non conosco nessuna storia per ragazzi.
Nessuna, pensate a una. Non la conosco.

Cioè magari, le storie le conosco un po’ così nell’insieme.
Se ad esempio mi chiedete chi era Pinocchio posso dirvi un burattino che poi diventa bambino, se mi chiedete del Piccolo Lord, posso parlarvi di un trovatello, e via discorrere, però di preciso, non le conosco affatto.
Ci ho delle lacune, le devo colmare.
Non mi sono nemmeno state raccontate, le storie quelle classiche.
Questo è il prezzo da pagare, quando hai dei genitori che le storie se le inventano, oppure ripiegano su grandi classici per adulti come il Don Chisciotte, il Conte di Montecristo o il Barone di Muchausen.
Va beh.

A parte che sono una svampita di prima categoria.
Adesso vi spiego pure il perché.
Vado in libreria, chiedo dove posso trovare il reparto classici ragazzi, me lo indicano, compro.
Torno a casa, e scopro che in realtà, mica ho preso Il mago di Oz originale.
Ma il Mago di Oz raccontato da Elisa Prati, nella mia ignoranza, ho fatto delle ricerche per capire chi è, Elisa Prati è una tizia.

Però ormai l’avevo comprato, che ci potevo fare?
Con la morte nel cuore ho cominciato a leggerlo, altre soluzioni non c’erano.
Una volta, in una libreria, ho visto un cliente portare indietro un libro dicendo alla commessa Devo scusarmi, ma mi sono accorto solo a casa di averlo doppio.
Ricordo d’aver pensato Ma si può essere più ebeti?
Per cui me lo sono tenuto, tacendo, e imparando la lezione, che tanto lo so’ se a 31 anni ancora dormo, difficile che ormai mi sveglio. Ci sono abituata.

Sapete ora per finire la macedonia che cosa mi è venuto in mente di fare?
Facciamo che la Silvia Colli, vi racconta la storia di Oz, scritta da Baum, raccontata dalla Prati.
A questo punto, se qualcun altro volesse intervenire, si senta pure libero di farlo.





                   
                      “Il Mago di Oz”      -raccontato da Silvia Colli.


Questa è la storia di una banda di idioti che non sanno, e non sapranno mai, di essere idioti.

C’è il Boscaiolo di latta, un perfetto cagacazzi capace solo di lamentarsi, e piangere e disperarsi, che dice di non avere un cuore ma per tutta la storia, compie inconsciamente atti di bontà senza motivo.
C’è lo Spaventapasseri che dice di non avere un cervello ma ci ha sempre delle idee geniali.
C’è il Leone, che dice di non avere il coraggio ma, per tutto il romanzo è il protagonista di grandi gesta eroiche.
Infine, Dorothy una bambina senza grandi particolarità caratteriali, risucchiata da un uragano, persa e catapultata in un nuovo mondo, che per tutto il tempo cerca una soluzione per tornare a casa sua nel Kansas, girando coi suoi compagni di viaggio indossando delle scarpe magiche. Un po’ come quelli che sono senza patente e guidano una Ferrari.

La banda del caciucco, arriva alla fine della storia, nella città di Smeraldo attraversando con una discreta dose di buon culo, peripezie di poco conto.
Nella città di Smeraldo conoscono il potente Mago di Oz, che farà loro credere di saper avverare i desideri, non muovendo un dito.
Anche perché il potente Mago di Oz in realtà, non è ne un potente, ne un mago ma solo un quaquaraquà.

Ora cari bambini andate pure a letto e ricordate di essere svegli e intelligenti, che la vita è na merda e nessuno vi può aiutare se non voi stessi.
Ma soprattutto, se volete avere degli amici o al limite, qualcuno che vi vuole bene, fate di tutto per diventare la cosa più distante possibile da ciascuno dei protagonisti di questo romanzo, o da me.


                                                                                            -FINE.





Dite sono stata troppo crudele?
Allora non conoscete la Prati Elisa.
Nella sua versione de “Il Mago di Oz” ci insegna a fidarci degli sconosciuti, a non porci troppe domande, e in caso di pericolo di pensar ognun per sé.
A temere i campi di papavero, che possono portare alla morte.
Ci descrive i personaggi usando frasi tipo “(…)sul trono stava appoggiata un’enorme testa senza corpo braccia o gambe che la sostenessero. Era calva, gli occhi girarono lentamente e si fissarono sulla bambina, acuti e pungenti. Poi la bocca si mosse (..) roba che quella testa lì me la sono sognata io la notte, figurarsi un bambino.


Allora io adesso, resto in sospeso proprio come quella testa.
Senza sbilanciarmi nell’esprimere un vero parere sul romanzo originale, quello di Frank Baum.
Che magari lo prenderò in biblioteca.
Che io di regalare i miei soldi in giro, sono abbastanza stanca.


lunedì 27 maggio 2013

RECENSIONE Senza Candeggio n.23 "PUBBLICI DISCORSI" -Paolo Nori

Un fico.


Titolo: “Pubblici Discorsi”
Autore: Paolo Nori
Edito: Quodlibet Compagnia extra
Numero pagine: 246
Mese: Maggio
Motivo che mi ha spinto alla lettura: ci ho da fare un pubblico discorso.



RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’.

Tanto per cominciare, volevo dire che io, dei miei romanzi di Nori sono gelosissima, e col cavolo che mai mi salterà nella mente di prestarne uno a qualcuno.

Poi, per andare avanti, volevo dire che io, quando ho per le mani un libro di Nori, lo distruggo.
Nel senso buono, se ci può essere un senso buono. In pratica, lo riempio di sottolineature, note a piè di pagina, osservazioni e anche pure di complimenti. Un po’ come se avessi l’illusione, che io e il signor Nori potessimo interagire. Ognuno ci ha le sue manie, e io mi tengo le mie.

Poi, per finire l’introduzione, volevo dire che io, ho letto “Pubblici Discorsi” di Nori, per evitare un attacco di panico. Che già mi vengono quando gli pare, così senza avvisare alla brutta Eva, allora, se so’ che ci ho da affrontare una situazione che con molte probabilità mi porterà ad avere un’iper sudorazione e il blocco totale delle corde vocali e dei tasti del cervello, allora magari, mi organizzo. Così, per volermi bene ma soprattutto perché le figure di merda non piacciono a nessuno. O per lo meno, a me no.

Ci avrò da fare un pubblico discorso anch’io, tra mica tanti giorni.
Che poi sono stata pure poco furba, perché ho invitato il mondo a partecipare al mio pubblico discorso.
Dice se una ha un minimo di sale in testa, e sa che a parlare con la gente va in tilt, allora ad esempio, una delle prime cose da fare è di evitare d’invitare chessòio il vicino di casa o magari, la propria maestra delle elementari.
Ma ci tenevo che veniva se decide di venire la mia maestra perché è stata lei, la prima a darmi fiducia nello scrivere, che diceva che però non è che mi veniva poi così tanto male.
Il mio pubblico discorso è per l’uscita del libro dove che dentro ci sono 3 o 4 miei racconti.

Allora, siccome Nori io per me è lo scrittore che in questo periodo mi sta influenzando da matti, proprio come  per Nori è Charms , allora io per prendere un attimo di fiducia e coraggio, che sembra ce l’ho ma invece ho paura della mia ombra, io per affrontare la presentazione di quel libro lì che vi dicevo ho letto questo, di libro. E allora siccome temo di aver fatto un po’ di casino e magari non capite più di che libro sto parlando, sparecchio e faccio ordine, dicendo che il libro di cui sto parlando è “Pubblici Discorsi”, di Paolo Nori.




Intanto, nel leggere questo libro, mi sono segnata un sacco di altri libri da andare a recuperare, allora se magari in questo periodo siete a secco, e magari anche voi, state cercando qualcosa di interessante da leggere, io vi passo i titoli, anche se io nemmeno li ho ancora letti, ma di Learco, mi fido.





LISTA DEI TITOLI CONSIGLIATI DA LEARCO:

· “Massimo e Fedor” di Sinkarev

· “Opere per Adulti” di Charms

· “Sulla Felicità a Oltranza” di Ugo Cornia

· “Racconti di un Giorno che Sai”  (di tanti scrittori)

· “Le Lingue Inventate” di Alessandro Bausani

· “Guerra e Pace” di Lev Tolstoj

· il libro di Zavattini dove si parla della storia di uno che scriveva discorsi funebri

· Archipov

· “Moskva- Petuski”


Poi, andando avanti, nel leggere questo libro, ho fatto un sacco di scoperte, allora se magari in questo periodo siete a secco, e magari anche voi, state cercando qualche scoperta interessante da leggere, io ve le scrivo qui di seguito, anche se non ho appurato se sono tutte cose vere, ma di Learco, mi fido.



LISTA DELLE SCOPERTE FATTE DA LEARCO:

· Ci sono delle donne, che hanno preso Anna Karenina come modello di vita, perché il mondo è strano.

· E’ bello giocare con lo STRANIAMENTO per catturare l’attenzione sui discorsi che si stanno facendo (alias apparentemente stordire per poi sorprendere la gente).

· Esiste un negozio molto elegante dove che vendono i vestiti, e questo negozio si chiama Ipercoop.

· La mamma di Saddam Hussein come mestiere faceva la puttana, e lei suo figlio, non l’avrebbe voluto ancora prima di nascere, per quello l’ha chiamato così, perché Saddam significa maledetto.

· Il famoso santone indiano Saibaba ci ha una pettinatura che sembra uno de “I Nuovi Angeli”.

· Esiste un gruppo di pittori russi i Mit’ki che se la spassano con la poetica dell’ubriachezza eroica. Si ubriacavano e poi dipingevano le imprese che avevano compiuto. Tra loro, c’è stato uno scrittore (il Sinkarev che vi ho consigliato nella lista sopra) che ha scritto un romanzo, e in quel romanzo c’è una frase che è “Quando penso che la birra è fatta di atomi, mi passa la voglia di bere”.

· Sciascia, lo scrittore, ci sa fare un sacco con la punteggiatura.

· La canzone “Lettera da Lontano” di Jannacci, fa piangere.

· Quello che ha inventato il cannone che spara le palle e fa allenare i battitori di baseball era uno piscologo bigamo, ed è morto durante una pausa pranzo, mentre facendo un brindisi al genere femminile.

· Uno poteva essere coltissimo nel 1700, ma non ora. Ora al massimo, si può portare pazienza.

· Può essere che  un coglione sia un galantuomo, può essere che sia buono, ma può essere anche cattivo, ci sono i buoni e i cattivi anche tra i coglioni. Il fatto è che sono in tanti quindi, comandano loro. Magari alla fine il coglione sono io.

· Gli eschimesi, hanno 40 modi di dire bianco. I russi, 40 verbi diversi per dire ubriacarsi.

· La gomma da masticare è stata inventata da un farmacista e si è diffusa grazie ai giovani, quando non avevano ancora otturazioni ai denti.

· Questa cosa che ho appena scritto qui sopra, è raccolta in un libro che ha una copertina con su raffigurato un bidone della spazzatura, e parla della storia del ‘900.

· In primavera succedono due cose. Una che ti viene da dormire di più, l’altra che cominciano a puzzarti i piedi.

· Delle volte uno, non si ricorda le cose come sono state, ma come vorrebbe.

· L’anarchia è bellissima, miracolosa e destinata a fallire.







Poi ce ne sono tante altre di belle cose che varrebbe la pena segnare, ma vale ancora di più leggerle inserite nell’intero contesto del libro stesso.
Ma adesso, concludo.
Dicendo che la scoperta più scoperta delle scoperte che ho fatto, leggendo “Pubblici Discorsi” è che tu, a un pubblico discorso ci puoi pure arrivare impreparato, sia psicologicamente che di fatto.
Ma se però ci hai delle cose interessanti da raccontare e che a raccontarle, ti senti a tuo agio, puoi anche uscire di tema e nessuno se ne accorge.







giovedì 23 maggio 2013

RECENSIONE Senza Candeggio n22 H.Miller "TROPICO DEL CANCRO"

Enrico


Titolo: “Tropico del Cancro”
Autore: H. Miller
Edito: La Biblioteca di Repubblica
Numero pagine: 255
Mese: Aprile / Maggio
Motivo che mi ha spinto alla lettura: ho messo ordine nella mia vecchia libreria.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’.

Chi mi segue gliel’avevo già spiegata, quella volta là.
Quella volta che il mio moroso, aprendo l’anta di un armadio in camera mia mi ha detto Va che roba ti sembra il modo di tenere i libri e bla – bla - bla allora mi ha detto Ti costruisco io una libreria per via del fatto che mi ama ma soprattutto che il mio moroso, quando ci ha del legno in mano fa i miracoli e bisogna trovargli sempre qualcosa da fare se no si annoia.

Quando è stato dunque il momento di fare una cernita e ho deciso quali libri tenere e quali che no, vedo questo “Tropico del Cancro” e mi pare che io ce l’avevo nella vecchia libreria da almeno 15 anni. Mai letto. Faceva parte di una collana uscita in edicola, e il fatto che costasse poco ed era tutto compreso nell’abbonamento che avevo fatto, mi faceva prendere il lusso di accantonarlo (oh ma avete visto che gioco di parole che sto facendo dall’ultimo punto in poi?) 

A dire il vero, l’avevo pure cominciato a leggere, me lo ricordo, anzi è una certezza perché io ogni volta che leggo un libro, ci scrivo nella prima pagina il mese e l’anno in cui l’ho letto, di conseguenza vi do la conferma che sì, sono passati 15 anni, dall’ultima volta che l’ho preso tra le mani, il libro.

E ho capito perché lo avevo accantonato.
Là, la storia che costasse poco e che ne avevo uno alla settimana a basso costo, era solo una scusa. Basti pensare al fatto che io, 15 anni fa’ ancora studiavo quindi quelli erano soldi  mica miei ma del mio babbo. Figurati che peso potevo dargli, al portafogli che si svuotava indolore e lentamente a fine anno.

Ho capito perché l’avevo accantonato.
Lì per lì nelle prime pagine, non ci si capisce na’ fava.
Cavoli non c’è niente di peggio di un libro che comincia male, tant’è che lo stavo accantonando per l’ennesima volta.
Poi parlando col mio amico Massimiggggliano mi ha detto No Colli te par a ti a’ che l’è belo, mi sono convinta ad andare oltre, perché mi fido dei gusti di quel mio amico con quel nome lì.
Perché, così se lo volete sapere, l’inizio è tutto un figa qui e figa là, ed ebrei giù ed ebrei su, scritto in maniera devo dire anche poetica ma non che mi convincesse poi molto.
Una miscellana di parole prese e messe insieme, ma ho resistito, convincendomi a tratti di non essere io sotto acido, ma l’autore in preda all’oppio, o a qualsiasi tipo di droga che Miller, potesse usare nel 1930.

Poi tutto finalmente comincia a prendere ordine, Miller a tratti ti offende con la sua volgarità, e poi ti sorprende con la sua finezza, c’è della poesia, nella sua prosa.

Il protagonista (e parliamo di un libro autobiografico) è un disfattista, che gode della noia, della sciagura e della tragedia dell’essere umano, e ci ritrovo un’ostentazione, forse ma non son certa,  un merito: quella di voler registrare nel suo diario (perché più che una trama questo romanzo si snoda in tutta una serie di fatti ed incontri nella Parigi libera) tutto ciò che gli scrittori che  l’hanno prima preceduto, hanno omesso per pudore.
Sarcasmo e cinismo come se piovesse.
Due qualità che chi mi conosce, sa’ che amo.

Un susseguirsi di elenchi fatti di parole sporche, di immagini grottesche, di marcio, di piscio, di fame, di sete di una vita asciutta, pensieri sparsi di artisti scalcagnati, manigoldi, mendicanti, di gente che parla con la bocca piena, di soldi, di donne sudicione e un po’ puttane, di scarafaggi, pidocchi, cimici,  di panni sporchi stesi ad asciugare con ancora intorno, l’odore del sudore, del fumo e dell’alcol.

La nostalgia, il freddo, la pioggia.
Il sogno Parigino come il sogno Americano, una libertà che è solo un’illusione passeggera, ma che ai masochisti emozionali, piace sempre parecchio.



Allora io adesso, per chiudere, visto che anche come si chiude i discorsi è cosa importante,volevo prendermi una libertà anche se sono una donna e Miller sicuro non avrebbe apprezzato.
Per via di quella storia che vi dicevo, che l’inizio dei romanzi io per me è cosa seria, mi sono permessa di fare un collage di frasi che lo scrittore ha sparpagliato qui e là per il suo diario.

Io, fossi stata Miller, “Tropico del Cancro” l’avrei cominciato così.





Io sono un uomo che vorrebbe vivere una vita eroica e render più sopportabile il mondo ai suoi occhi. Se in qualche momento di debolezza, di abbandono o di bisogno, scaglio nel mondo qualche sdegno raffreddato in parole, qualche sogno infagottato in immagini, pigliatelo o  buttatelo via, ma non mi seccate.
Sono un uomo libero; ho bisogno della libertà, ho bisogno di rimurginare fra me e me le mie vergogne e le mie tristezze, di godermi il sole e i sassi della strada senza compagnia e senza discorsi, colla sola musica del mio cuore. Cosa volete da me? Quel ch’io voglio dire lo stampo; quel ch’io voglio dare lo do. La vostra curiosità mi fa stomaco, i vostri complimenti mi umiliano; il vostro tè mi avvelena. Non debbo nulla a nessuno e ho da fare i miei conti soltanto con Dio; se esiste.
Se a volte incontriamo pagine esplosive, pagine che feriscono e bruciano, che strappano gemiti e lacrime e bestemmie, sappiate che sono pagine di un uomo alle corde, un uomo a cui non resta altra difesa che le parole e le parole sono sempre più forti della menzogna, peso schiacciante del mondo, più forte di tutte le ruote e i cavalletti che i vili inventano per infrangere il miracolo della personalità.





Ammettetelo, faccio dei collage che sono la fine del mondo.





mercoledì 8 maggio 2013

RACCONTO Infeltrito n. 18 "IL CIANCIATARLO"



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IL CIANCIATARLO


Era la fusca, e i melmosplosi chiodici
martollavano e battalavano nel craneostro.
Rivati e ritrosi erano i sgropaloci
e il tampillare bombava nel tempiostro.

Cagollo del cagollo, fuggi il Cianciatarlo!
E il rododendro roda, e la boccala zoppola
zoppa; fuggi il ciancia parlo
A la fluida Mentacciona.

In mano prese spada la blablarella:
A lungo il bucacillo nemico cercò.
Ripiegò stanca sul grigio torciso
riguardò, contemplò, meditò.

E mentre restava in bramuso pensiero,
il Cianciatarlo con occhi di fuoco
brotolando scese dal buso buchiero
strisciamenando con bavo sporco.

E uno e due: a fondo e a fondo
la lama vocame ciarlò e cianciolò.
Ucciso il mostro, con il vuoto dendro
Logorroillando all’ostello tornò.

Te benedetta! Uccisti il Cianciatarlo!
Ah che ti srotoli, biforca linguzza!
Seratia di stelle e di calleia è questa!
Gaudiosamente libreggiò la mente.

Era la fusca, e i melmosplosi chiodici
martollavano e battalavano nel craneostro.
Rivati e ritrosi erano i sgropaloci
e il tampillare bombava nel tempiostro.