In questa immagine Firmino: il topo più inutile del mondo.
Scheda tecnica
Titolo: “Firmino”
Autore: Sam Savage
Edito: Einaudi stile libero
Numero pagine: 180
Mese: Novembre/Dicembre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: lasemo star.
RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’
Ero appena uscita dal trauma procuratomi da “L’Eleganza del Riccio” (Recensione senza candeggio numero 8) neanche
il tempo di riprendermi, e mi sono imbattuta in questo “Firmino”.
Ben mi sta.
Questa è la giusta punizione che mi spetta.
Prendere consigli sulle letture da affrontare da persone totalmente diverse da
te porta a questo, tal volta. Raro trovare belle sorprese, parliamo pure della
stessa persona, dunque cocciutaggine mia che non l’ho capita alla prima
fregatura.
Mi sono detta Però magari a ‘sto giro ci siamo, dai, il primo l’ha scritto una
francese, e sappiamo tutti come sono, lì i francesi, però dai Firmino l’ha
scritto un americano e io che gli scrittori americani proprio li adoro ho
continuato a dirmi Dai, vedrai questa volta sarà tutta un’altra musica. Ho
cercato su Google la foto del Sam, sembrava il Terzani de noaltri, m’ha dato
fiducia tutta quella barba e gli occhi da cane bastonato, un’ultima volta mi
sono detta ancora Dai! che a momenti mi convincevo di essere Morandi Gianni con
tutti questi “Dai che ce la fai”.
Se comunque sei ancora perplesso, basta che leggi la quarta di copertina e ce
n’è di gente che lascia le sue due righe per convincerti che quello che hai tra
le mani è un capolavoro della narrativa.
Ne parlano tutti bene, Ammaniti, Baricco, Parrella (scusate l’ignoranza ma…cu’
minchia è????), Starmone, sviolinate che non vi dico.
Oh!Io alzo le mani perché questa è tutta gente che hai voglia, ne sa più di me
sicuro, ma boh, io ho una mia idea a riguardo.
Se ad esempio Beppe Bigazzi in persona, si presentasse alla mia tavola con uno
sterco fumante adagiato su un piatto d’argento e mi dicesse Colli, assaggia che
è una meraviglia, certo prima di farlo lo annuserei e ci penserei due volte.
Sempre a patto non ci sia in ballo una scommessa con un bel po’ di soldi, che
ecco lì il discorso cambierebbe.
“I gusti iè gusti e i gatti i se annusa il cul.”
Questo proverbio popolare poi, riferito a Bigazzi è troppo il suo
La debolezza a mio avviso di questo romanzo è che Savage ha preso coscienza del
fatto che Firmino è un sorcio solo alla fine di tutta la storia.
Per come la vedo io, un ratto è un ratto, e a meno che tu non sia un creatore
della Disney, non puoi pretendere molto altro da un animale, è uno sforzato
voler andare controcorrente che a me sinceramente fa venire il patetismo, oltre
che a un gran prurito alla cute.
E qui mi spiego.
Qual è la trama di questo libro?
Pronti!
Firmino nasce da una sfornata considerevole di topi, viene ignorato da tutti i
parenti, sua madre compresa che è pure alcolizzata.Nasce e trascorre l’inizio
della sua vita in una libreria, dove ben presto impara a sfamarsi con pagine e
pagine di libri ai quali via andare si appassiona e impara perfino a leggere.
Cresce, trasformandosi da borghese a ratto no global artistoide eppure
filosofo.
Il primo pensiero sessuale che gli scatena l’ormone è il culo peloso di sua
sorella, fa te. Poi scopre il mondo che c’è fuori dalla libreria, si sfinisce
di film porno al cinema del quartiere.
Grazie alla sua cultura, è capace di formulare pensieri e considerazioni
crepuscolari di cui se posso dirla tutta onestamente provavo poco interesse.
Spesso, mi ritrovavo a saltare con gli occhi righe e righe con la speranza di
arrivare a termine dei suoi vaneggiamenti.
Diventa grande amico di uno scrittore (e questa forse è la parte che non
toccherei di tutto il libro, interessante per davvero) oltre che a un grande
malinconico amante della musica giassszz, capace udite-udite di suonare un
pianoforte giocattolo.
Il suo amico scrittore viene fulminato da un ictus. La tragedia piace sempre
eSavage lo sa.
Firmino usa parole ed espressioni ricercate, come tutti i topi che si
rispettino. E’ vero, definisce l’erba “fragrante” ma è l’unico aggettivo che
forse si permette di cannare.
Predica che il suo cruccio più grande è quello di non riuscire a comunicare
verbalmente con gli uomini ma poi in ben due occasioni, racconta di
chiacchierate occasionali fatte con un certo tizio al bar. Gli piace il vino.
Si rammarica di come l’edilizia moderna prenda il sopravvento sull’architettura
storica del quartiere e questo è l’ultimo pensiero che gli balena per la testa
una volta tornato alla vecchia libreria. Viene sfrattato da una che gli legge
nel pensiero. Fine del libro.
Quando dico che il Sam prende coscienza del fatto che il ratto è un ratto,
ovviamente mi riferisco al momento in cui stà a rosicà le pagine.
“Un libro commovente!”
-dice la critica eppure chi me l’ha consigliato.
Io sarà che sono cinica e scorretta ma già dalle prime battute, ho sperato
crepasse più che in fretta, ‘sta pesantezza di roditore.
Il sorcio filosofo non se po’ sopportà.
Non parlatemi di metafore. Sono belle solo se funzionano, meglio ancora se non
sono banali.
Lunga vita allo zio Walt.
Titolo: “Le Avventure di Oliver Twist”
Autore: Charles Dickens
Edito: Bur Rizzoli
Numero pagine: 454
Mese: Ottobre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: per me le storie sui trovatelli, spaccano
le tibie.
RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’
Io per vivere lavoro in fabbrica.
Cioè, piano, mi sono spiegata malissimo; non è che muoio se non passo gran
parte della mia giornata in quel capannone.
Volevo dire, che per guadagnarmi da vivere, impiego le mie ore a catena.
No, non è ancora esattamente quello che volevo dire.
Facciamo così.
Io, per far girare l’economia e timbrare il cartellino come grazie al cielo
posso permettermi di fare, lavoro in fabbrica.
Per sei ore e quaranta minuti al giorno, dal Lunedì al Sabato, e da Dicembre,
pure tutte le Domeniche, produco per tutti noi.
Io, faccio la pettinatrice di pollami.
Ci ho un mio amico che ogni volta che gli dico che lavoro faccio gli scappa da
ridere e io gli voglio bene anca se l’è semo, ma la realtà dei fatti resta
questa: pettino pollami.
Lavorare a catena non è cosa da poco se uno ad esempio è incline a farsi
stringere dal caldo abbraccio dello stress, io mica che sono una persona che ci
ha tutta questa calma, per dire. Però sono bravissima, mi porto i nervi nella
pancia, taccio e faccio il mio che per fortuna con la crisi che c’è, almeno
posso dire di pettinare i pollami.
Io ho fatto un sondaggio tra i miei colleghi e mi sono sentita un po’ meno
esaurita quando un giorno gli ci ho detto a loro Ma anche voi la notte, finché
dormite vi sognate di pettinare i pollami?
Siccome tutti mi hanno risposto Sì Silvietta, tranquilla è tutto normale, mi
sento un po’ meno scema a raccontarvi di un sogno che ho fatto questo mese,
quando di giorno pettinavo i pollami e la sera, prima di addormentarmi leggevo “Le Avventure di Oliver Twist” .
Che poi anzi no, prima è meglio che vi spieghi COS’è una pettinatrice di
pollami se no come al solito rischia che faccio confusione.
A dire il vero non c’è nemmeno troppo da dire in merito: ogni giorno, mi
passano sotto gli occhi 1600 pollami interi, che però sono a pezzi, tipo…
prendiamo un petto di pollo.
Ogni giorno, sul nastro distribuiscono dei pezzi di petti di pollo che non sono
fatti da Abele figlio di Apollo che fece una palla di pelle di etcocchei occhei , sono seria.
I pollami non è che li pettino con la spazzola, è che quando prendo i petti in
mano, che non è che ci hannole
piume ma sono nudi, ,io con tutta la forza dei miei diti ci strappo via il
grasso e poi li sbatto in una vaschetta di polistirolo che detto così mi fa
sembrare una persona crudele e brutale ma tranquilli, uso i guanti.
D’ora in poi dunque, quando andrete al supermercato e comprerete una confezione
di petti di pollo, se non c’è il grasso, pensatemi, se vi fa piacere farlo,
altrimenti è uguale, amici come prima.
A questo punto il sogno che ho fatto ve lo dico alla fine, perché così,punto primo ci ho un finale, punto
secondo parliamo del libro che forse vi interessa di più, credo.
Le Avventure di Oliver
Twist, così sulle prime, era stato annoverato da chi ne sapeva a pacchi di
libri, come una lettura adolescenziale, perché tutto sommato se uno lo legge
così come se stesse leggendo il volantino delle offerte del supermercato, parla
di un povero orfanello succube della proprio destino, che incontra strada
facendo prima una miriade di teste di minchia e poi tutta una serie di “buoni”
che lo tirano fuori dalla vita di merda che stava facendo, tra gente che si
divertiva a picchiarlo, a farlo dormire in una bara, a mangiare nella ciotola
del cane, a vivere in mezzo a prostitute, a sbatterlo per strada costringendolo
a rubare e a fare tutte le cose che non si fanno, specie se ad esempio sei un
bambino.
Poi invece dopo qualcuno si è svegliato e ha detto Piano, qua mi sa che il
Dickens ci sta prendendo peri
fondelli, sta a vedere che se leggi tra le righe questo romanzo è un attacco
sarcastico alla società del tempo.
Però a onor del vero, l’autore mica ha creato tanti fraintendimenti secondo me,
e non capisco com’è che è successo che hanno fatto tutta quella confusione
quelli li, quelli che ne sanno a pacchi di libri.
Lo zio Charles, noi lettori mica che ci tratta da ragazzini idioti, anzi
tutt’altro, ci parla come se avessimo un cervello elevandoci dalla classe
borghese, dai giudici e dai filosofi che ne fanno parte, dalla gente cattiva,
dalle chiacchiere.
Ogni tanto (dal momento che la storia è lunga e i personaggi sono molti) si
prende pure la briga di farci un riassunto riportandoci alla mente ciò che era
precedentemente accaduto, e mica che gliel’ha chiesto nessuno di farlo, ma
quando decide di farlo, ci sta proprio tutta.
Ci ha la battuta sempre pronta e la lancia come se sembra che sta parlando
serio e invece sta scherzando, e io non so se capite cosa intendo. Un po’ come
quelli che sono bravissimi a raccontare le barzellette, che non è che se ne
escono dicendo “Oh, senti questa!” ma che partono a raccontarla senza
avvisarvi, senza rovinarla, riuscendo a rimanere seri dall’inizio alla fine,
però te quando finiscono di raccontare quello ci avevano da raccontare, che
prima e nel mentre eri rimasto serio, alla fine scoppi a ridere, capite ora
l’esempio?
Così intendo che scrive Dickens.
Ci avrei anche degli esempi da riportarvi che io me li sono segnati con la
matita nel mio libro, ma andateveli a cercare che magari quello che fa ridere a
me, a voi fa piangere e viceversa.
Adoro, come riesce a creare nella mia testa, i suoi paesaggi dolcemente
malinconici, sotto a un costante cielo fosco e nuvoloso che decide schiarirsi
paradossalmente solo in situazioni fortemente drammatiche.
Pagine giallastre che diventano rosso sangue.
Parole così reali e vive, da sembrare sussurrate dallo spirito dei morti.
Poi alla fine tace, trasformando le sue parole in un dolce fiato.
Detto questo, prima di dedicarmi alla carriera da poeta che a quanto pare mi
sta aspettando in qualche intrinseco lato del mio cervello, vi racconto il
sogno, quello di cui vi ho parlato all’inizio.
Stavo li, a pettinare pollami in fase onirica, che però io ero convinta di
esserci davvero, a lavoro.
Ero alla mia postazione in fabbrica, al nastro dei petti di pollo, però, invece
di passare i polli sotto i miei occhi, passavano i libri.
Mi sono svegliata spaventata dal mio stesso stato di agitazione.
Stavo discutendo col mio responsabile.
- No!Mi rifiuto, –gli dicevo. - Oliver Twist va benissimo così, mi rifiuto di
toglierli il grasso!
Fermo restando che probabilmente ho bisogno di ferie, dell’ipnosi o di entrambe
le cose, è ciò che esattamente penso anche da sveglia di questo romanzo.
Mese:
Settembre/Ottobre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: Chi mai nella vita non è stato spinto
dalla curiosità di leggere ALMENO un Harmony?
RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’
La Domenica io e mia sorella, ogni Domenica io e mia sorella uscivamo da messa,
un po’ di fretta è vero lo ammetto, ma sareste stati bravi a trovarmi un
bambino che non lo faceva, lo facevate anche voi, ne sono più che convinta.
Attraversavamo la strada sulle nostre belle gambette scattanti e ci mettevamo
in coda tra anziani col capello e signore coi gonnellini a fiori aspettando in
un visibile stato di agitazione che arrivasse il nostro turno per incassare il
premio.
Eravamo bravissime se andavamo a messa e c’era il premio se promettevamo di
stare fino alla fine, e il premio era un giornalino, un giornalino a testa,
sponsorizzato dalla nostra vecchia, sia chiaro.
Non avevamo molta fantasia. Ogni santa Domenica, mia sorella prendeva la sua
solita copia di “Cioè”, io “Topolino” (e che ce vojammo fa’, so’ sempre stata
tenera da matti).
E aspettavamo il nostro turno, e io me lo ricordo che finché aspettavamo il
nostro turno a me l’occhio cadeva sempre sull’espositore girevole carico di
quei romanzetti con quelle copertine tutte colorate.
Ogni tanto ci provavo e gli dicevo Mia sorella Miky, oggi invece di “Topolino”
posso prendere questo? Ma la risposta era sempre quella No-non puoi è da
grandi.
Sbuffavo ma ogni volta riuscivo a farmene una ragione.
Insomma, a farla breve una settima fa, ho avuto la mia rivincita, non
chiamiamola soddisfazione che le cose è giusto chiamarle col suo nome.
Una settimana fa’ ho comprato il mio primo Harmony.
E non preoccupatevi sono perfettamente cosciente che da qui al farmi
prescrivere sonniferi e ansiolitici il passo è breve ma…
ma niente, credo di non avere altro da aggiungere.
Quindi, vado in
edicola. Voi non potete immaginare quanti Harmony esistono e al momento
dell’acquisto io giuro che non sapevo quale scegliere, perché se badi ai titoli
o alle illustrazioni delle copertine, li compreresti tutti e invece io ho usato
la tecnica che ho aperto tutti i libricini a caso in una pagina e quello che ci
aveva la pagina che più mi attirava, allora lo compravo. Ha vinto Segreti sotto le Lenzuola per la seguente:
“Lei all’improvviso lo rimproverò
- No, non farlo!
- Non fare cosa?
- Non irrigidire i glutei.
Un’erezione in piena regola premeva contro il lettino e lui non poteva farci
niente.
- Hai finito?
-Non ancora, devo completare…
- Grazie, va bene così.”
Ho pagato l’edicolante con il mio Harmony in mano e già che c’ero ho pure preso
il dvd di Hysteria, quello che parla del tizio che ha inventato il primo
vibratore. Quando ho pagato gli ci ho detto all’esercente che dopo il mio
sciopping nella sua edicola mi sa che non ci mettevo più piede dalla vergogna e
che comunque non sono una pervertita, come crede.
Veniamo alla trama che tanto lo so che siete curiosi come le capre.
Lei.
Lei si chiama Beth, fa la massaggiatrice e sicuro state pensando che è una
porca da paura e invece no, è frigida da matti che non la molla a nessuno
neanche per scherzo. E’ bionda coi boccoli e bella da matti, non ci è dato
sapere se è pure simpatica, dal racconto comunque non traspare, e io spero bene
che non lo sia perché se no allora non c’è più un minimo di giustizia, a questo
mondo. Abita in una casa in campagna, nella Australia.
Lui.
Lui si chiama Luke e per descriverlo uso le parole dell’autrice perché vale la
pena: “il suo corpo era 1 metro e 90 di pura virilità, aveva un muscoletto sexy
che gli guizzava come impazzito lungo una guancia, i pantaloni tesi su un
fondoschiena dalla forma perfetta e forti bicipiti che si intravedevano sotto
le maniche arrotolate della camicia”.
–va beh, figurati. Sa visto mai che i protagonisti erano alti medi, con una
carie sul molare e senza culo. In un mondo perfetto è impensabile. E il mondo
Harmony, E’ un mondo perfetto.-
Comunque lui è il nipote del boss che è morto e ha ereditato la casa dove che
abita la frigida, non si conoscono e i loro destini s’incontrano proprio per
questa faccenda della casa e bla – bla- bla.
Nasce una storia d’amore che Beth rifiuta d’ammettere a se stessa perché ci ha
il suo segreto, mentre Luke accetta di buon grado perché non è mica scemo,
anche se pure lui ci ha i suoi segreti, se no, che Segreti sotto le Lenzuola erano?
Ci mette 15 giorni Luke, a dare un bacio “titillando le labbra di Beth con la
lingua “ ma la cosa si ferma li. Passano un sacco di settimane da quell’episodio
e quando pensi che ormai Luke ce la fa a trombarsela, invece la tocca solo coi
diti“fino a toccarle il sesso
sopra gli slip” per la cronaca la sua gnocca era “così stretta, così calda e
perfetta” e in quel mentre, “lei arrossì come una scolaretta emettendo un
gemito gutturale”.
Lei se la cava ogni volta scusandosi con un “No, non è il momento” o “Non credo
sia la cosa giusta” o “Preferisco se rimaniamo amici” e via andare, non le
elenco nemmeno tutte che tanto le scuse che girano sono sempre le stesse e le
conosciamo tutti.
Il povero Luke a farla breve va a letto spesso e volentieri che gli fan male
perfino le gambe da quanto sta tenendo li il tutto, poi una sera si fa furbo
accende il camino, la fa sedere a terra su dei morbidi cuscini, la ubriaca col
vino rosso, si baciano. Segue dialogo:
- Non sono sicura…–bisbigliò Beth a un soffio dalle sue labbra
- Io sì, lascia che te lo dimostri.
Non avevamo dubbi.
STANDING OVATION par el poro Luke, che “Si strappò di dosso la camicia prima di
passare a quella di lei, era per lui una rivelazione paradisiaca.”
Poi lui è un coglione di prima categoria perché con tutto il tempo che gliel’ha
fatta sospirare, due minuti per andare in farmacia a comprarsi una scatola di
profilatici poteva trovarli e invece no, sul più bello che gliela sgancia, lui
non ha nemmeno quello che ti regalano ai concerti e finisce che la riempie come
un’anguria.
Indispensabile nell’Harmony l’happy end.
Beth e Luke si sposano e ci hanno una bambina, ovviamente bellissima e
sanissima.
Ah, dimenticavo di dirvi i loro reciproci segreti.
Lei dieci anni prima che era adolescente è stata insieme a uno che l’ha presa
in giro e allora ha detto basta con gli uomini, in mezzo alle gambe ci ho una
banca e io la chiudo per lutto.
Lui invece ci aveva una moglie che prima ha ucciso la loro figlia e dopo si è
ammazzata, tuttavia, trombare gli piaceva ancora.
Quando ho finito di leggere questo fantastico libro ho parlato con la mia amica
Lisa e pensavamo che pure noi vorremo scrivere un Harmony che non ci sembra
un’impresa poi così impossibile.
Io le ho contate e Pamela Roe ha scritto la parola “incominciò” 44 volte.
Se faccio bene i conti che io in matematica non sono stata mai brava, visto che
le pagine sono 155, vuol dire che ogni 3 pagine e mezzo, ce lo buttava dentro,
il verbo “incominciò”. Quindi mi sa che lo scriviamo anche noi.
Se qualcuno ci sapesse dire dove spedire il nostro manoscritto noi, tanto per
incominciare vi ringraziamo.
Quindi
la volta dopo di quella, ci siamo trovati nella birreria dove vi dicevo a bere
un caffè, sempre per la solita questione di cui abbiamo già parlato, che al bar
il nero non va bevuto eccetera-eccetera.
Gli ci ho detto Gerardo, ti dico che è così che suona: un contadino, doveva
trasportare al di là del fiume il suo lupo, la sua capra e una cesta di cavoli…
E perché mi ci ha detto Gerardo.
Gerardo, gli ci ho detto, non è questo il punto, il punto è che il contadino,
aveva a disposizione una zattera, ma la zattera era così piccola che sopra ci
potevano salire solo lui e, o una delle bestie o la cesta di cavoli.
Ma se lo sanno tutti che i contadini sono pieni di soldi, perché quello aveva
una zattera da naufrago? E poi, i contadini non stanno nei campi? Forse volevi
dire, un allevatore. Che poi tecnicamente non sarebbe corretto nemmeno
chiamarlo così, voglio dire, i cavoli non si allevano, mi ci ha risposto
Gerardo.
Gli ci ho detto io, mi spieghi perché questa sera insisti nel volerti far
chiamare Gerardo, che non è nemmeno il tuo nome?
Gerardo vuol dire valoroso di lancia,
è di origine Germanica, il suo numero fortunato è l’8, la pietra, il rubino.
Sì ma Gerardo è bruttissimo, puoi mica farti chiamare con un altro di nome?
Va bene, da ora chiamami Dante, però vai avanti con la storia, adesso.
Quindi, Dante, se il contad… se l’uomo, avesse lasciato su una delle due rive
del fiume il lupo assieme alla capra, quello l’avrebbe uccisa per mangiarsela…
E perché, mi ci ha chiesto Dante.
Perché vuoi farti chiamare Dante ora, me lo dici? E’ forse per la storia della
zattera? Ti si è scatenato dentro l’animo Caronte?
Dante vuol dire perseverare, essere
ostinati, è di origine latina, il suo numero fortunato è il 3, la pietra,
lo smeraldo.
Sì, ma Dante è da mitomane, puoi mica farti chiamare con un altro di nome?
Va bene, da ora chiamami Edilberto, però vai avanti con la storia, adesso.
Quindi Edilberto, da che è mondo è mondo, se un lupo vede una pecora allo sbaraglio,
gli va il sangue nel cervello, e il primo istinto che gli viene, è quello di
sbranarla.
Beh, non se è sazio, però.
Andiamo oltre Edilberto, se non ti da fastidio, vuoi? Allo stesso modo, non
avrebbe potuto lasciare insieme la capra e i cavoli perché va da sé, la bestia
li avrebbe sicuramente mangiati.
Ma chi non avrebbe potuto?
L’uomo, l’allevatore, Edilberto.
Quindi fammi fare il punto della situazione: abbiamo un contadino, un
allevatore, un uomo, un lupo, una capra, una pecora e una zattera omologata per
due, giusto?
No gli ci ho detto Edilberto, un uomo, un lupo, una capra e una zattera per
due, punto e basta.
Eh no! Hai detto pecora prima. E i cavoli? Avevi mica detto che c’erano pure i
cavoli?
Sì gli ci ho detto Edilberto. Che poi il nome Edilberto mi fa sudare, perché
Edilberto?
Edilberto significa insigneedificatore.
E di che origine è?
Non lo so.
Il suo numero?
Non lo so.
La pietra?
Non lo so, cambiamo di nome, chiamami Primo, però vai avanti con la storia,
adesso.
La presenza dell’uomo è indispensabile perché il lupo non nuocesse alla capra e
la capra non toccasse i cavoli…
Volevi dire, ERA indispensabile, non E’…
Certo, Primo. Ora a questo punto l’indovinello si chiude così: come fece l’uomo
a ad attraversare il fiume col lupo, la capra e i cavoli?
Sai perché Primo? Una volta per far presto, quando che nascevano i figli che
una volta in una famiglia ne nascevano tanti, il primo che nasceva lo
chiamavano Primo. Il secondo, Secondo, o Secondino o Secondolo. Il terzo,
Terzo, o Terziano o Terzio. Il quarto, Quarto. Il quinto, Quinto o Quintiliano
o Quintino. Il sesto, Sesto o Sestimo…
Sì, ma allora, lo sai come ha fatto a portare tutto al di la del fiume?
Poi se non ci avevano nella mente di fare figli, quello che nasceva, che non ne
volevano altri, lo chiamavano Unico…
Capisci no? La capra, i cavoli, il lupo, la zattera, il fiume…
Se invece ne facevano tanti che non sapevano più dove metterli o per sfiga la
moglie moriva lo chiamavano Ultimo se era maschio, e Basta se era femmina…
Allora l’uomo deve fare quattro viaggi.
Nel primo, porta la capra, la lascia sulla riva opposta del fiume, poi torna
indietro.
Nel secondo, va a prendere la cesta dei cavoli, la deposita sulla riva opposta
del fiume e nello stesso tempo riprende la capra.
Nel terzo viaggio, porta la capra dall’altra parte, la scambia col lupo che lo
porta al di là del fiume assieme ai cavoli.
Infine, al quarto e ultimo viaggio, riprende la capra e conclude
l’attraversamento del fiume, portando la missione a termine.
Sì, ma quando sono tutti di là come finisce? Voglio dire, il lupo mangia prima
la capra, o la capra mangia prima i cavoli?
Titolo: “L’Eleganza del Riccio”
Autore: Muriel Barbery
Edito: Edizioni e/o
Numero pagine: 319
Mese: Settembre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: Book Crossing
RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’
Marisa Cicciona da dove comincio?
Facciamo che parto col spiegarvi questa cosa del book crossing.
No che vi prendo per ignoranti, dico che vi spiego in quale book crossing sono
finita, così, avendo la presunzione che ve ne possa importare qualcosa.
Non c’è tanto da dire, mi hanno chiesto Vuoi entrare nel giro? E io ci ho detto
di si.
Ce li spediamo i libri, da tutta Italia. Io nemmeno me la ricordo l’ultima
volta che ho ricevuto la posta nella cassetta che non fosse stata una bolletta,
ma da adesso tutto cambia perché per posta, mi arrivano libri che sono passati
di mano in mano da perfetti/e sconosciuti/e. Mi arrivano che sono belli
vissuti. Mi gasa questa cosa. Che poi io mi diverto con poco, se ci ho una cosa
bella è proprio questa. E comunque, continuano ad arrivarmi pure le bollette.
Se ne è fatto un
gran parlare di questa Eleganza del
riccio. Io ogni volta che entravo in libreria mi veniva il dubbio amletico mi dicevo lo compro o non lo
compro? Sfogliavo qualche pagina per capire se ci eravamo oppure no e ogni
volta lo riponevo al suo posto e mi dicevo, Mah, sarà ma non sono convinta. Che
poi sono sempre rimasta con la curiosità di leggerlo ma alla fine mi dicevo Ma
si, lo compro la prossima volta.
E guarda un po’ te come girano le fatalità, qual è stato il primo libro che ho
ricevuto lì, dal book crossing dove che faccio parte? L’eleganza del Riccio.
E insomma, eccoci.
Non so se si nota l’entusiasmo con cui ne scrivo, mica dico del book crossing
no, quello è una figata pazzesca, dico di questo libro che ha scritto la
francese dal nome che si chiama Muriel.
Parla di una signora che si chiama Renè, come l’organo che filtra ma con
l’accento sulla vocale, ci ha 54 anni fa la portinaia e vuol far intendere a
tutti che è ignorante ma invece ragassi è una filosofa che ve la raccomando. Conosce
un cinese, che viene abitare nel suo palazzo dove fa la portinaia e il cinese,
che si chiama Ozo Kakuro in casa
ci ha un cesso che quando tira lo sciacquone viene fuori la musica di Mozart. E
dopo Renè e Kakuro (sì, lo so anch’io che sembrano i nomi di due Pokemon) fanno
compagnia briscola con una bambina che anche lei abita li nel palazzo. Si
chiama Paloma, ha 12 anni e mezzo, vuole bruciare la sua casa e suicidarsi,
così perché non è che le cose nella testa le girano proprio bene,
evidentemente.
Detto così può sembrare quasi un libro comico o che prova ad essere tale e
invece io sono la solita inguaribile ottimista e ve l’ho voluto solo far credere
per un breve istante.
Nella realtà dei fatti, la portinaia col nome dell’organo che filtra, per tutta
la storia parla con parole e frasi che ad esempio vi faccio degli esempi
riportati di pari passo perché se no mica rendo l’idea.
Usa parole tipo “profluvio”, ricorre ad espressioni come “garbo desueto”,
“osservazione anodina”, “sfoggio di costrutti antiquati” e mi entra in paranoia
con estrema facilità ponendosi domande del tipo “perché cerchiamo l’eternità
nell’empireo di essenze invisibili?”
-roba che se dovessi conoscere una, che questa domanda me la viene a fare di
persona, io gli risponderei:
“non lo so, ma la pasta col tonno è la vera ancora di salvezza per il single
medio.”
No, secondo me non avete ancora capito bene il personaggio.
Io morissi qui in secca, vi giuro che in un capitolo mi si è incazzata come una
iena perché li in portineria le hanno lasciato un biglietto scritto è vero un
po’ di fretta, che gli ci mancava la punteggiatura cose così, ma quasi è
arrivata a farne un affare di stato. Giuro.
E maria signor, per tutto il libro si mette a far polemica con ‘sta distinzione
tra ricchi e poveri, che io era dagli anni ’70 che non ne sentivo parlare così
tanto.
Ma mi credete che ha passato una giornata intera paragonando l’intimità umana a
una porta scorrevole?
E poi si lamenta del fatto che non ci ha neanche un’amica, ma fattele due
domande vecchia carampana!
Ecco, di pari passo alla portinaia c’è appunto la bambina che non ha dodici
anni, neanche tredici, ma dodici e mezzo che così, prima di suicidarsi che la
data l’ha già decisa, ci ha la fantastica idea d’ingannare l’attesa scrivendo
due diari.
E in uno scrive dei vari Movimenti del mondo, che neanche ci ho tanta voglia di
parlarne per cui lasciamo stare, invece nell’altro butta giù tutti i suoi bei pensieri
profondi che mica per niente, lo chiama il Diario
del Pensiero Profondo.
Così, ve ne lancio tre a caso di suoi pensieri profondi se ci avete voglia di ragionarci
su. Io sono troppo lenta e non ci arrivo. Magari se qualcuno di voi ci ha
tempo, un giorno me li spiega.
1- “Fammi sapere cosa bevi e cosa leggi a
colazione e io posso sapere veramente chi sei tu”
2- “Scordi il tuo futuro ti lascerai sfuggire il tuo presente”
3- “Alla nemica offrigli amaretti fini ma poi non credere che potrai andare
oltre”
Va beh, arrivata a pagina 33 io se mi credete, volevo prendere il primo
aereo che partiva li per la Francia, cercare l’appartamento dove che vivono le
due protagoniste, entrare in portineria senza neanche chiedere il permesso,
spaccare la testa della portinaia dentro la tv che tiene sempre accesa come
deterrente per far credere a tutti che è ignorante, poi salire fino
all’appartamento della bambina, suonare, dire “Paloma apri, sono la zia!”,
prenderla dal collo della maglietta, buttarle gli occhiali a terra, calpestarli
e urlarle a due centimetri dalla faccia (magari un po’ sputacchiando)
“Aloooooooora diaolo can, te copito o no? Tè rooooooto i cojooooooooni!”.
(trad. “Orsù, bella bambina, vuoi deciderti a interrompere per sempre la tua
vita con un lento e doloroso suicidio possibilmente senza disturbarci?”)
Poi però ci ho ripensato e sono rimasta a casa mia.
Ora immaginatevi di unire due personaggi così e provate a pensare al circo che
riescono a imbastire.
Ma cose che io neanche ai tempi di quando mi sfiancavo di fumo e alcool e pure mi
saliva la luna nera, ero in grado di tirare fuori.
Ah ecco, il cinese quando arriva da un po’ di movimento alla storia, la
carampana filtrante s’innamora di lui, e via andare. Le solite cose, suvvia.
Comunque alla fine, la portinaia la investono e muore. Il cinese va in
depressione e la bambina decide di non suicidarsi. Peccato per la bambina.
Adesso dico la mia,
Premesso che in totale democrazia è giusto che al mondo ognuno faccia un po’
quello che gli pare, se no che casso stemo al mondo a far, trovo assurdo come
certi esseri umani impieghino le proprie energie alla ricerca del nulla, alla
formulazione di pensieri inutili e assurdi.
Chiaro, lo dice una che è solo capace di sparare cacchiate a raffica.
Con questo mica voglio dire che dobbiamo tornare ad arrampicarci tutti sugli
alberi, ma nemmeno che per mangiare una noce dobbiamo stendere una tovaglia.
Poi a parte che io di filosofia proprio non me ne intendo per niente, a parte
che ci ho giuro quattro amici, quattro che ci hanno la laurea infilosofia e per me non sono delle
cattive persone, il mio filosofo preferito, resta il mio amico Paolin, che lui
però fa il carrozziere e ci ha la terza media che un giorno in merito al
significato dell’esistenza mi ha detto (non lo traduco in italiano se no mi
perde di potenza, tanto forse si capisce uguale):
“Certo che nella vita ghe robe che no le ga mia tanto senso, eppure ne toca
tenersele.
Un po’ come quei che i va in giro vestidi ben ma con le scarpe sporche”
Mi hanno detto Scrivi un racconto che ci hai da essere o un
contadino o un viaggiatore.
Allora adesso se ci avete tempo e voglia, io vi racconto la storia di uno che secondo
gli altri ha fatto un viaggio stando fermo, e la storia ve la racconto da
contadino perché il massimo dei viaggi che ho fatto io, prima di quello, sono stati
la Domenica sul Tre con Licia Colò.
Dice uno, spiega com’è che si fa a viaggiare stando fermi, tanto per
cominciare.
Mica è una domanda tanto stupida, se vogliamo essere sinceri.
La risposta è pure facile e uno fa le sue conclusioni abbastanza in fretta se
parli della storia di uno che è stato in coma, che con tutto rispetto verso me
stesso e anche solo a chi gli ci fa paura questo viaggio, è la mia.
Quando mi sono svegliato, dopo che tutti mi hanno abbracciato, quando è passato
lo spavento e anche il tempo che a uno è giusto che gli dai quando viene fuori
da quella brutta roba lì, perché non è che sei andato in gita sul Baldo, ma sei
andato in coma, appunto,dicevo quando mi sono svegliato eccetera, tutti mi
chiedevano Ma che c’è di la? E che ne so, dicevo sempre, io mi sono svegliato ed
ero di qua, non è che c’è tanto da dire. Ah che ci scrivono i libri, quelli che
sono capaci di scrivere o che ci hanno voglia di vendere a parlare delle
disgrazie, ne fanno tanti di soldi mica come me che vendo il fieno a un euro al
chilo.
Però la gente è troppo convinta che c’è la luce, gli angeli, o te che giochi
quando eri piccolo con le macchinine, o qualche bella donna che ti bacia o la
voce della tua mamma che dice, Dai svegliati poltrone. Io sarà che nella
sfortuna, sono stato due volte sfortunato ma vi giuro, che io per me di la, non
c’è niente. Non sono un pozzo di scienza ma se è come dicono che vedi che c’è
di la, allora vi dico ragassi, bella ciavada, no c’è niente di la, mettetevela
via. Fortuna non ho speso soldi per andarci, in quel viaggio li, se no sarei
stato no una, no due, ma tre volte sfortunato.
Io se mi credete, e nessuno ci crede quando è che lo dico, ho solo dormito. Ecco,
metti che se è vero come dicono loro che sono stato in giro, allora forse ho
corso tutto il tempo perché quando mi sono svegliato, ero stanco da matti. Sono
gli altri che dicono che ho viaggiato, e forse gli do’ pure ragione perché in
genere quando dormo mi sveglio abbastanza riposato.
Ho sentito di quelli che hanno fatto il mio stesso viaggio, che quando hanno
aperto gli occhi hanno portato messaggi di qua dal di la, di quei messaggi
anche di pace, mica roba da ridere. Io per dire invece mi hanno detto che per i
primi tre giorni non ho fatto altro che ripetere il nome della fabbrica che
produce i letti dell’ospedale, mai stato ascoltato così tanto in vita mia, eh
si che non è che prima ero poco interessante.
Magari non parlavo molto, adesso invece anche troppo, a volte mi dicono Tasi
n’attimo e mi fanno una confusione che la gente non è mai contenta, se posso
dirla tutta.
Prima ero anche timido, adesso spacco abbastanza tutto perché come che ti rendi
conto che potevi essere di la e invece sei ancora di qua allora ti viene fuori
il coraggio, o la paura, o la fretta, non lo so non l’ho mai capito e non è che
ci ho tanta voglia di pensarci, sinceramente. Ma visto che di la mi pare che
non c’è niente, sempre ammesso che sono stato di la, allora tanto meglio fare
il più possibile di qua.
Come innamorarsi, ad esempio.
Che prima non è che ce l’avevo troppo in mente però adesso sì, perché fra tutte
le altre cose sono diventato anche romantico e mi pare che ho trovato pure
quella che amo.
E io con lei vado ovunque, lo giuro ovunque, a parte dove sono già stato,
ammesso sia andato, perché non mi pare il caso di portarla li.
Una volta ad esempio l’ho portata sul Baldo, ma questa è un’altra storia e non
ve la racconto perché tanto, di questo viaggio non gliene frega niente a
nessuno.
Eh si che io vi giuro, li mi sono divertito di più.
Scheda tecnica
Titolo: “Compagno di Sbronze”
Autore: Charles Bukowski
Edito: Feltrinelli
Numero pagine: 200
Mese: Settembre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: Questo mi mancava.
RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’
Io me lo ricordo troppo bene quando è che ho letto il mio
primo libro del signor Chinaski.
Avevo tredici - quattordici anni o giù di li.
Beh insomma, mica ho detto che mi ricordo quanti anni avevo, ho detto che mi
ricordo la prima volta che ho letto un suo libro, sicuro non ero maggiorenne,
poi ci arrivo, pazientate.
Ricordo d’essere entrata nella biblioteca pubblica del mio quartiere, d’aver
visionato gli scaffali, o meglio, i romanzi destinati al prestito riposti sugli
scaffali e d’essere stata catturata da un titolo:
“STORIE DI ORDINARIA FOLLIA.”
Capirai, a quell’età o da quelle parti, leggere la parola “Follia” è un invito
a nozze, ti casca l’occhio anche senza volerlo sulla parola “Follia” , ci hai
la ribellione che ti bolle nelle vene a quell’età li dei tredici - quattordici
anni.
A farla breve, ho sfilato il libro dal ripiano e mi sono avvicinata alla
scrivania della bibliotecaria.
Prendo questo le ho detto Mi chiamo Colli ma Silvia, perché Michela è mia
sorella glielo dico così non fa confusione col computer.
Ricordo perfettamente che in quel mentre, lei, la bibliotecaria, con un gesto
veloce della mano, ha afferrato l’enorme ciocca di ricci che le pendeva sulla
fronte e l’ha fatta scivolare all’indietro liberando gli occhi per un seppur
breve istante da quel crespo cespuglio.
Me lo ricordo non perché ci ho chissà che memoria, ma perché ce l’aveva proprio
come abitudine. Questa sua mania, mi faceva andare via di testa che ogni volta
avrei voluto prendere un paio di forbici e tagliarglielo via, quel ciuffo.
Dicevo le ho detto Prendo questo, e lei dopo quel gesto da rock star mi ha
detto Eh no, questo non posso dartelo. Perché? Le ho chiesto. E lei mi ha risposto
Questo è da GRANDI, senti hai mai letto “Il Piccolo Principe?” Perché non leggi
quello?
Bene, io non è che sono una che le piace tanto insistere con la gente e allora
le ho detto Va bene, prendo quello.
Dopo tre giorni sono tornata e l’ho consegnato. Forse mi sa che sono l’unica
persona al mondo che ci ha messo così tanto a leggere “Il Piccolo Principe” .
Allora? Mi ha chiesto tirandosi indietro il ciuffo, Com’era?
Mah, da ragazzini, le ho detto Mi sa che è ora comincio a leggere libri un po’
più da GRANDI, posso prendere “STORIE DI ORDINARIA FOLLIA?”.
Lei ovviamente, prima si è tirata indietro il ciuffo poi m’ha risposto Senti,
perché non leggi “VA DOVE TI PORTA IL CUORE” della Tamaro?
E ancora una volta le ho risposto Va bene, prendo quello anche se in realtà le
volevo dire Perché non vai dove ti porta il… (e sono sicura avete capito dove.)
Non ho ricordi in merito a questo romanzo, e io penso ci sarà pure un motivo.
Torno e consegno.
Allora? (che si è tirata indietro il ciuffo prima di chiedermelo non ve lo
ripeto neanche) Com’era?
Mah, da vecchi, le ho detto Mi sa che ora che facciamo un passo indietro e
comincio a leggere libri un po’ più da giovani. Non è che ne ha uno che parla
ad esempio che ne so della follia?
Di nuovo si è passata la mano tra i ricci poi m’ha risposto Senti, perché non
leggi “JACK FRUSCIANTE è USCITO DAL GRUPPO”?
E anche se sapevo che dietro c’era una bella fregatura, ancora una volta le ho
risposto Va bene, prendo quello.
Che poi ai tempi io se devo essere sincera mi era piaciuto anche.
Torno e consegno.
Allora? (non ve lo dico più!)
Allora adesso facciamo che sono più furba di te –ho pensato.
Mah, bello. –ho detto.
Vuoi altri consigli?
No-no grazie, oggi sono solo venuta a fare i compiti.
Ho preso “STORIE DI ORDINARIA FOLLIA” dallo scaffale stando ben attenta a non
farmi vedere, mi sono infilata in aula studio, ho aperto un enciclopedia a
caso, la più grande enciclopedia che c’era nella stanza e dentro ci ho
mimetizzato il tanto sospirato libro. Tzè! Manco fossi stata un ragazzo che
doveva nascondere un giornalino pornografico.
Che poi io pensavo d’essere tanto furba ma, come si dice dalle mie parti “mi ha
cagnata subito”.
Mai stata furba in vita mia.
Ovviamente prima di dire la sua, si è passata le dita tra i capelli poi, mi ha
detto la sua che ci sono rimasta malissimo, giuro ha detto Si beh, ma qui puoi
leggerlo vai tranquilla è che non posso registrare che l’hai preso.
Allora io mica voglio stare qui a
fare polemica che mi viene solo il vomito a pensarci, ma mi sa che proprio in
quell’occasione io ho un po’ cominciato a capire com’è che funziona la
burocrazia e detto questo mi fermo anche perché mica che voglio fare del
qualunquismo.
A morte la “qualunquemica” e a tutti quelli che la fanno!
Parliamo di mignotte ,sbronze e cavalli.
Parliamo di belle cose, parliamo dello zio Charles.
Ogni volta che leggo un suo libro (e di suoi libri ne ho letti diversi, forse
tutti) l’effetto è sempre lo stesso medesimo.
-Ahhhh, beato il cuore dell’eterna fanciulla-
strabuzzo gli occhi, trattengo il fiato e nel mentre, mi faccio salire la
voglia di alcool ma anche d’altro.
Così, giusto per la cronaca, credo sia stato proprio lui a introdurmi nel fantastico
mondo della birra. In quello del sesso no, quello è stato altro ma inutile stia
qui a spiegare chi –cosa -come che a chi vuoi che gli ci interessi.
-Bukowski.
Occhei, sono d’accordissimo leggi che ti rileggi i temi che tocca sono sempre
quelli. In tuuuuutti i suoi libri.
Lui è disgustoso, volgare, egocentrico, un gran ballista, cinico e scorretto, maschilista fino all’osso, orgoglioso.
Spesso si prende la briga d’essere confidenziale nei confronti del lettore
senza che nessuno gli dia il permesso di farlo, molte volte potresti dire di
sentirti offeso da tutto questo mix di cose, dall’insensibilità che usa per
dare la spinta alle sue stesse parole.
Ma questa è la sua potenza, che ci piaccia oppure no.
Uno scrittore, un buon scrittore il suo mestiere se volete sapere come la
penso, è proprio quello di turbarci che sia positivamente o il contrario.
Avessimo un amico così, sicuro lo prenderemo a schiaffi.
Lui non chiede a nessuno di essergli amico, tuttavia, è il genere di stronzo di
cui non riusciremo fare a meno e vorremo avere comunque intorno, a giuste dosi.
“COMPAGNO DI SBRONZE”
è l’ ennesima conferma di quanto ho detto fin ora, una raccolta di racconti
selvaggi e feroci.
Io se posso dire la mia –e lo faccio visto che il blog è mio e ce ne faccio
quello che voglio- ho perso la testa per
· “La Politica è Come
Cercare d’Inculare un Gatto” · “Il Demonio” · “L’assassino di Ramon
Vasquez” · “Un Compagno Di Sbronze” · “La Barba Bianca”
A matita, li in fianco nell’indice dei racconti raccolti nel libro ho
commentato con un “Minchia!” Ve lo dico così, giusto per rendere l’idea.
A chi piacciono gli sberleffi al conformismo al perbenismo e al moralismo?
Un po’ a tutti, io credo.
Pure alla signora della mia biblioteca, ne sono certa.
Chiudo con un post scriptum, diretto proprio a lei sperando non si metta le
mani nei capelli dalla disperazione:
a gioco finito, ai tempi, el libro “STORIE DI ORDINARIA FOLLIA” te lo inculà*
Come direbbe lo zio Charles “te la sei voluta, cazzo!”
*Inculà = colorita e tipica espressione dialettale
veronese che sta per “rubato”.
Rubato, con somma soddisfazione.
EL LAMA
(Che poi secondo me, somiglia pure al moroso di mia cugina, o a Fabio Volo)
Scheda tecnica
Titolo: “Il Momento è Delicato”
Autore: Niccolò Ammaniti
Edito: Einaudi
Numero pagine: 367
Mese: Agosto/Settembre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: Ammaniti tal volta mi “scombussola” come
pochi.
RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’.
Ci ho appena ammazzato una forbice con “Il
Momento è Delicato” di Ammaniti.
La forbice con le zampe, non quella con le lame.
Ho ribaltato le leggi del gioco che facevamo tutti da bambini. Che nessuno
venga più a dirmi forbice taglia carta. Da questo momento, carta schiaccia forbice.
Mi scuso con gli animalisti per questo, mi scuso con tutta me stessa ma la
bestiolina in questione m’ha fatto
un’imboscata, è sbucata veloce e di soppiatto dalla fessura della tastiera del
mio Mac. Ho fatto un salto esagerato per lo spavento. Il mio è stato un gesto
più impulsivo che assassino. Poco delicato,
lo ammetto.
Vado a girare la bistecca che sta cuocendo in pentola, un momento e arrivo.
Io ci ho il dono di arrivare tardi sulle cose, che dono, un vanto proprio.
Ammaniti l’ho scoperto tardissimo, in buona sostanza, mentre mezza Italia
conosceva “Io non ho paura” da una vita, io continuavo a restare all’oscuro di
questo autore.
Ci avevano fatto pure il film del bambino ricco rapito dai terroni che ce lo
avevano nascosto nella botola ma dopo l’altro bambino figlio dell’orco terrone
l’ha scoperto e sono diventati amici.
Ci è quella scena che fa venire la pelle d’oca nel film, del bambino coi dread
e le magatte negli occhi, che rantola illuminato da un raggio di sole dal fondo
buio della botola come Et l’extraterrestre dentro l’armadio.
Ammaniti però l’ho scoperto mica così.
Cioè, quel film di Salvatores l’avevo visto ma mica sapevo che era tratto dal
libro e che quel libro l’aveva scritto Ammaniti e bla bla bla.
Ammaniti l’ho scoperto perché un mio amico mi ha regalato “Come Dio Comanda”mi pare due estati fa.
E che libro, io se mi credete mi sembra che l’ho letto tre o quattro volte.
Due di seguito sicuro perché appena l’ho finito, l’ho ricominciato subito.
Magari presto ci scappa la quarta o quinta volta e ci faccio la recensione,
così per non farci mancare niente e perché giustamente se volevo parlare di “Come Dio Comanda” allora non scrivevo
de “Il Momento è Delicato”.
Mi pare che gli ho letti
tutti i libri di Ammaniti, anzi no mi manca “Branchie”
perché in libreria non si decidono mai a metterlo in offerta… ‘stì stronzi.
Mi era proprio venuta la fissazione per questo scrittore che secondo me ci ha
una fantasia che come la mescola al noir e all’ironia e al pulp è una cosa
brutta, ma brutta nel senso buono del termine.
Allora così parlando col mio prof, di scrittura creativa quando ci ha chiesto
che scrittori ci piacciono io gli ho risposto Beh per me Ammaniti spacca il
culo. E lui mi ha detto inutile che gli fai i complimenti che tanto lui stesso l’ha
dichiarato quest’anno al Salone del Libro li a Torino che lui ci mette il suo
nome e alla sua spalle ci ha una ghost writer che fa un po’ te, dico UnA perché
non è un uomo ma una donna.
Io mi sono sentita abbastanza presa in giro perché ammesso lui dica il vero,
dico allora non c’è più religione.
Sti ghost writer mi hanno rotto.
Che soddisfazione ci avrà mai uno che ama scrivere a vedere quello che gli esce
dal cervello pubblicato sulla copertina col nome di un altro.
Che se vi dico quanti ne esistono, sicuro ci rimanete male.
A me personalmente poi, fare i complimenti a uno che non se li merita non è che
mi esalti particolarmente.
Ragazzi, io non so se ve ne siete accorti ma in questo periodo sono fastidiosa
come le vrespe, me sto fin sule bale da sola. Che tradotto in italiano dovrebbe
suonare come “non mi sopporto, sono fastidiosa come le vespe.”
Va beh.
Con tutti questi elementi ho comprato il suo ultimo libro di Ammaniti o la
vacca de so’ sorela, bravo chi ci capisce.
No che l’ho letto tanto volentieri, ci avevo una delusione nel cuore un po’
come quando ho scoperto che Babbo Natale non esiste e il costume di come ce lo
figuriamo noi nella testa , se lo sono inventati quelli della Coca Cola. Ohhh –
ohhh - ohhh.
A parte che non sono ancora sicura se è vera per davvero questa storia che mica
è lui eccetera eccetera, ma non
posso negare d’averlo letto con occhio un po’ diverso.
Le pulci, quando è che te le mettono nell’orecchio è roba da matti.
(ma perché oggi tiro in ballo tutti gli insetti del mondo?)
Il Momento è Delicato, è una raccolta
di racconti scritti tra il 1995 e il 2012.
E se lo conosci Ammaniti, come scrittore non di persona, voglio dire se prima
ti eri già letto tutti i suoi libri, in diversi racconti ci vedi dentro
l’embrione da cui sono evoluti i romanzi precedenti stessi.
Sedici sono i racconti, di cui due scritti a quattro mani con Antonio Manzini
che se anche si sforzavano a mettermi due righe per spiegarmi chi è mica mi
facevano un dispetto e mi risparmiavo un giro su Wikipedia.
Ci ho da andare su Facebook io, mica che ci ho tempo da perdere per guardare le
enciclopedie on line.
Comunque io ve lo dico chi è Manzini, Antonio. E ve lo dico in una riga, se non
ve ne importa di chi è saltatela e chi si è visto si è visto.E ognuno a casa
sua che oggi proprio non è giornata.
E’ uno scrittore.
Ora io parlo in
generale dei racconti senza che sto qui a citarli uno per uno.
In alcuni mi chiedevo com’è che mai, che non si decideva a scegliere una forma
verbale tipo la stessa dall’inizio alla fine, senza cambiarla di continuo
oppure se proprio ci aveva da farlo, da metterne insieme due che stessero bene
insieme come le zucchine col basilico piuttosto che come il parmigiano
grattugiato nel latte caldo.
E allora voi cari lettori potreste dirmi Si va beh parli te che scrivi come se
parli che ci avessi cinque anni e ti perdi a lungo andare nei tuoi stessi
discorsi.
Quindi io vi do ragione e passo oltre.
Poi vorrei tanto sapere com’è che le caratteristiche comuni di tutti i suoi
personaggi sono:
1- i rivoli di bava che scendono dal lato della bocca
2- la perdita degli incisivi
3- l’insanità mentale.
Apro una parentesi sul punto 3.
Io secondo me è troppo facile parlare di pazzia tirando in ballo un pazzo.
Cos’era quella frase la famosa?
Tipo…siamo tutti pazzi e chi non è pazzo… in casa… uno specchio ?
ESATTO.
Io ad esempio mi piacerebbe trovare un altro modo di farlo di parlare dei
matti.
Non l’ho trovato ma ci sto lavorando.
Così, mi è venuta questa fissazione dal nulla.
Ognuno ci ha le sue e se le tenga.
Ma soprattutto non stavamo parlando di me.
A un certo punto del libro io ho avuto un’esaltazione interiore che quasi
svengo.
Che è successo?
E’ successo che ci è una parte del libro che Ammaniti ha intitolato “Rane e Girini” che è stata una collaborazione
tra lui e il suo babbo, allora come i giovani di tendenza ho esclamato
“fiiico!!” perché dico pensa che cosa bella.
Poi per me che io il mio babbo vorrei sposarmelo dal primo momento che l’ho
conosciuto “fiiico” era quasi limitativo.
Bella l’idea, peccato per i racconti che sembrano una raccolta dei temi della
seconda media, insipidi come la polenta senza sale.
Arrivi in fondo e pensi Embeh, quindi? C’è altro da mangiare?
Allora io dico sì, c’è il sugo in cui puoi intingere quella polenta.
Lo dico perché secondo me Ammaniti potenzialmente ci ha delle idee fantastiche,
cose che dici Ma questa situazione? Come ha fatto a venirgli nella testa? E i
personaggi che dipinge ti pare di averli in fianco sul comodino che ti fanno
compagnia mentre leggi, tanto bene che li descrive. Che mato.
Poi mi fa un sacco ridere.
Non ci ha limiti alle catastrofi, parte tutto che sembra proprio reale poi
arriva all’assurdo nel senso fantasioso del termine. Sempre più in la sempre
più in la che io me lo immagino davanti al suo computer finché scrive con la
sudorazione ascellare alle stelle, il sorrisetto sulle labbra e il fiato corto,
che poi sono gli stessi effetti che fa a me, quando lo leggo.
E qui concludo che oggi non ci ho tanta voglia di scrivere.