sabato 29 dicembre 2012

RECENSIONE senza Candeggio numero11 "FIRMINO" -S.Savage

In questa immagine Firmino: il topo più inutile del mondo.

Scheda tecnica

Titolo: “Firmino”
Autore: Sam Savage
Edito: Einaudi stile libero
Numero pagine: 180
Mese: Novembre/Dicembre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: lasemo star.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’

Ero appena uscita dal trauma procuratomi da “L’Eleganza del Riccio” (Recensione senza candeggio numero 8) neanche il tempo di riprendermi, e mi sono imbattuta in questo “Firmino”.
Ben mi sta.
Questa è la giusta punizione che mi spetta.
Prendere consigli sulle letture da affrontare da persone totalmente diverse da te porta a questo, tal volta. Raro trovare belle sorprese, parliamo pure della stessa persona, dunque cocciutaggine mia che non l’ho capita alla prima fregatura.
Mi sono detta Però magari a ‘sto giro ci siamo, dai, il primo l’ha scritto una francese, e sappiamo tutti come sono, lì i francesi, però dai Firmino l’ha scritto un americano e io che gli scrittori americani proprio li adoro ho continuato a dirmi Dai, vedrai questa volta sarà tutta un’altra musica. Ho cercato su Google la foto del Sam, sembrava il Terzani de noaltri, m’ha dato fiducia tutta quella barba e gli occhi da cane bastonato, un’ultima volta mi sono detta ancora Dai! che a momenti mi convincevo di essere Morandi Gianni con tutti questi “Dai che ce la fai”.

Se comunque sei ancora perplesso, basta che leggi la quarta di copertina e ce n’è di gente che lascia le sue due righe per convincerti che quello che hai tra le mani è un capolavoro della narrativa.
Ne parlano tutti bene, Ammaniti, Baricco, Parrella (scusate l’ignoranza ma…cu’ minchia è????), Starmone, sviolinate che non vi dico.
Oh!Io alzo le mani perché questa è tutta gente che hai voglia, ne sa più di me sicuro, ma boh, io ho una mia idea a riguardo.
Se ad esempio Beppe Bigazzi in persona, si presentasse alla mia tavola con uno sterco fumante adagiato su un piatto d’argento e mi dicesse Colli, assaggia che è una meraviglia, certo prima di farlo lo annuserei e ci penserei due volte. Sempre a patto non ci sia in ballo una scommessa con un bel po’ di soldi, che ecco lì il discorso cambierebbe.
“I gusti iè gusti e i gatti i se annusa il cul.”
Questo proverbio popolare poi, riferito a Bigazzi è troppo il suo

La debolezza a mio avviso di questo romanzo è che Savage ha preso coscienza del fatto che Firmino è un sorcio solo alla fine di tutta la storia.
Per come la vedo io, un ratto è un ratto, e a meno che tu non sia un creatore della Disney, non puoi pretendere molto altro da un animale, è uno sforzato voler andare controcorrente che a me sinceramente fa venire il patetismo, oltre che a un gran prurito alla cute.

E qui mi spiego.
Qual è la trama di questo libro?
Pronti!

Firmino nasce da una sfornata considerevole di topi, viene ignorato da tutti i parenti, sua madre compresa che è pure alcolizzata.Nasce e trascorre l’inizio della sua vita in una libreria, dove ben presto impara a sfamarsi con pagine e pagine di libri ai quali via andare si appassiona e impara perfino a leggere.
Cresce, trasformandosi da borghese a ratto no global artistoide eppure filosofo.
Il primo pensiero sessuale che gli scatena l’ormone è il culo peloso di sua sorella, fa te. Poi scopre il mondo che c’è fuori dalla libreria, si sfinisce di film porno al cinema del quartiere.
Grazie alla sua cultura, è capace di formulare pensieri e considerazioni crepuscolari di cui se posso dirla tutta onestamente provavo poco interesse. Spesso, mi ritrovavo a saltare con gli occhi righe e righe con la speranza di arrivare a termine dei suoi vaneggiamenti.
Diventa grande amico di uno scrittore (e questa forse è la parte che non toccherei di tutto il libro, interessante per davvero) oltre che a un grande malinconico amante della musica giassszz, capace udite-udite di suonare un pianoforte giocattolo.
Il suo amico scrittore viene fulminato da un ictus. La tragedia piace sempre e  Savage lo sa.
Firmino usa parole ed espressioni ricercate, come tutti i topi che si rispettino. E’ vero, definisce l’erba “fragrante” ma è l’unico aggettivo che forse si permette di cannare.
Predica che il suo cruccio più grande è quello di non riuscire a comunicare verbalmente con gli uomini ma poi in ben due occasioni, racconta di chiacchierate occasionali fatte con un certo tizio al bar. Gli piace il vino.
Si rammarica di come l’edilizia moderna prenda il sopravvento sull’architettura storica del quartiere e questo è l’ultimo pensiero che gli balena per la testa una volta tornato alla vecchia libreria. Viene sfrattato da una che gli legge nel pensiero.
 Fine del libro.
Quando dico che il Sam prende coscienza del fatto che il ratto è un ratto, ovviamente mi riferisco al momento in cui stà a rosicà le pagine.

“Un libro commovente!”
-dice la critica eppure chi me l’ha consigliato.
Io sarà che sono cinica e scorretta ma già dalle prime battute, ho sperato crepasse più che in fretta, ‘sta pesantezza di roditore.

Il sorcio filosofo non se po’ sopportà.
Non parlatemi di metafore. Sono belle solo se funzionano, meglio ancora se non sono banali.
Lunga vita allo zio Walt.





1 commento:

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