giovedì 28 novembre 2013

RECENSIONE Senza Candeggio n 42 "TROPPA FELICITà", A. Munro


Titolo: “Troppa Felicità”
Autore: Alice Munro
Edito: Einaudi
Numero pagine: 327
Mese: Ottobre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: Il premio Nobèl


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.

Va’ che sono ignorante, eh.
Capirai che c’è di nuovo.
Mi chiedo quanti altri autori riempiono le librerie e io, non conosco.
Tanti, non riuscirò a vivere abbastanza per conoscerli tutti.
Poi ovvio, a volte perdo tempo e mi abbandono in fantasticherie, tipo mettermi alla prova e intrattenermi con titoli che so già dal principio mi faranno cagarissimo.
Come la volta che per sfidare me stessa ho letto le cinquanta sfumature, o De Luca, o Smettere di Fumare è facile se bla bla bla bla.
Tempo, perdo tempo, questo è il fatto.

Poi la Munro vince il nobèl per la letteratura.
Il 10 Ottobre del 2013.
L’anno in cui sto scrivendo.
Tra i candidati c’era pure Vecchioni, lo sapevate?
Vecchioni Roberto, il cantante.

Devo ammettere che prima di allora conoscevo Vecchioni ma non la Munro.
E devo aggiungere, che incuriosita dalla medaglia consegnata a questa fantastica canadese, mi sono precipitata nelle maggiori librerie della mia città.
Con vergogna, tengo far sapere che la risposta che ho avuto nella maggior parte di questi negozi è stata “per ora non abbiamo nulla, ma con la scusa che ha vinto il premio ora ci riforniremo.”

Cosa?
Mo’ portate pazienza.
Io sono una pettinatrice di pollami, mi sento in qualche modo giustificata se possiedo delle enormi lacune, ma caspita, una libreria che non ha in catalogo nessun libro della Munro?
Ma dove viviamo?

Adesso faccio come quelli della Settimana Enigmistica.
Lo sapevate che ?
Era il 1888 quando Alfred Nobel, l’inventore della dinamite, lesse sul giornale la notizia della sua morte. Quello che forse più lo colpì fu come venne annunciata: “E’ morto il mercante di morte”. In realtà chi era morto era suo fratello, ma la notizia gli provocò una certa apprensione circa il modo in cui sarebbe stato ricordato. Così, un po’ come gli Scrovegni riscattarono una vita da strozzini facendo costruire e affrescare da Giotto la famosa cappella, Alfred Nobel decise che voleva essere ricordato diversamente e inventò il Premio Nobel. Grazie alle sue precedenti 355 invenzioni, il chimico e ingegnere svedese aveva infatti accumulato una straordinaria fortuna.

Io non lo sapevo, ad esempio.
Adesso lo so.
Insomma, ordino un paio di libri della Munro, e torno la settimana poi.
I titoli li ho scelti seguendo i consigli di chi la Munro già la conosceva.
Prendo Nemico, Amico, Amante e Troppa Felicità.

E di Troppa felicità ora mi metto a parlare.
10 racconti.
Racconti da cui non sai mai cosa aspettarti.
Storie che cominciano in un modo, proseguono in un altro e si concludono in un’altra maniera ancora, tutto in un susseguirsi di sorprese, senza artificiali colpi di scena.


Vedete, questo blog, è nato soprattutto per un’esigenza personale.
Tra i grandi difetti che ho, uno è quello di non riuscire a ricordare a distanza di tempo ciò che ho letto.
Se ad esempio mi chiedete “hai letto tal libro?” posso rispondervi sì o no.
Ma il mio giudizio –prima del blog- si fermava a un semplice “mi è piaciuto” o “l’ho trovato debole” o “non m’è piaciuto affatto.”
Ora, nel momento in cui sento l’esigenza di risvegliare la mia memoria, scovo nell’archivio, cerco il titolo e leggendo poche righe, le sinapsi del mio cervello riprendono a fare il loro dovere.

Alice Munro però è una di quelle scrittrice che ti restano dentro pure quando chiudi, finisci il libro, e lo riponi sullo scaffale.
I suoi racconti, continuano a viaggiarti nella testa.
Basta ritrovarti in una tal situazione e tac- la Munro ti tamburella nelle tempie.

Ad esempio -e mi limito a farne solo uno-  pochi giorni fa sentivo qualcuno lamentarsi del fatto che la propria madre non chiude mai la porta a chiave. Tac- ecco che è emerso il suo “Radicali liberi”, racconto che fa appunto parte di questa raccolta.

 Nella sua penna, c’è delicatezza, forza, originalità non ostentata, una spiccata sensibilità in grado di mettere a nudo un genere umano caratterizzato a sua volta da un’insieme di apparenze fatte di crudeltà, illusioni, bugie e apparenze.

E tu riesci ad essere lì, nelle ambientazioni che descrive, ne percepisci gli odori, i profumi, i suoni, i colori.
La Munro sa darti tanto senza divagare, è diretta, non si perde a discorrere servendosi d’ inutili dettagli, e con questo non intendo dire che conta le parole,  semplicemente sa come dosarle.
Pare riesca a capire quanto basta al lettore per essere coinvolto, sia sul piano emotivo che fisico.

Non ti resta altro da fare che divorare le pagine per sapere cos’altro la prossima storia avrà in serbo per te.

L’ho amata dal primo istante.
Di un amore che si concede solo a chi ha una marcia in più e pare quasi non rendersene conto.





lunedì 25 novembre 2013

RECENSIONE Senza Candeggio n41 "FENICOTTERI IN ORBITA", P. Ridley



Titolo: “Fenicotteri in Orbita”
Autore: Philip Ridley
Edito: Mondadori
Numero pagine: 216
Mese: Ottobre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: Consigliato dal mio amico, che io chiamo “Il Mona”.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.

Succede che un pomeriggio io e il mio amico –io lo chiamo “Il Mona” per questioni di simpatia- decidiamo di vederci.
Ci si vede poco, noi due, per questo lo chiamo così, anche.
Poi in realtà lè un Mona per tanti altri motivi.
Beh va beh, dicevo, così senza programmi finisce che passiamo tutto il pomeriggio in giro per mercatini del libro usato, qui a Verona.
Era Mercoledì, un mercoledì.
Ne giriamo due in realtà di mercatini, che noi quando si va per libri è come buttare una dolseta da Intimissimi.
 Impazziamo e non sappiamo più dove guardare, passa il tempo che neanche ce se ne accorge.

E’ stato dentro al primo mercatino che ho comprato “Fenicotteri in Orbita”.
Gli ho detto Mona, fa un piaser, ruma e catame fora qualcosa de figo  alà.
(trad. Amico fammi un piacere, rovista in quella cesta e trova fuori qualcosa d’interessante, suvvia.)
Che quel mio amico lì, mona lè mona, ma secondo me sa che libri potrebbero piacermi.
Lui di libri ne sa a pacchi, che mona l’è mona, ma el sa el fatto suo.

Ora io lascerei perdere tutta la trafila che ci è toccata fare per pagare sto cavolo de libro.
In quel mercatino lì, hanno delle pratiche burocratiche da seguire, se sto qui a spiegarvele facciamo notte.
Vi basti sapere che, dal momento in cui quel libro è stato estratto dalla famosa cesta, è dovuto passare prima sotto 6 occhi, poi per 12 mani, poi per un registro, poi per una pausa, poi di nuovo per altre 2 mani e altri 2 occhi, poi di nuovo per un registro, poi per una pausa, poi per uno scambio di opinioni su come si dice “sotto pressione” in inglese, poi sotto una penna, poi per  uno scambio di divergenze sul razzismo, poi dalla mano destra di una persona, poi dalla mano destra di un’altra persona, e infine per un’ultima mano destra di un’ultima persona.
Poi finalmente è diventato mio a tutti gli effetti.
Una volta messo al sicuro nella mia borsa, l’ho ritrovato in stato confusionale.
Se siete pronti a credermi, quel libro mi ha parlato.
Mi ha detto
“Sono stati i due euro più sudati della mia vita”.
Ma non possiamo stare qui a parlare di disgrazie per tanto, andiamo oltre.



Una raccolta di racconti niente male, c’è da dirlo.
Se uno mi dicesse “Oh, ho voglia di leggere qualcosa di veloce ma intenso, cosa consigli?”.
Probabilmente gli presterei questo.
Magari gli farei fare un po’ di giri prima, così, per ricordargli da dove viene.


Ridley è inglese, lo stampo inglese lo vedi subito.
Avrei potuto non documentarmi sull’autore, mettere la mano sul fuoco e dire E’ inglese.
Lo capisci dai colori.

Il linguaggio è diretto, asciutto, fluido, veloce, senti il profumo del sospetto nei confronti di tutto e di tutti.
In ogni storia, è messo in gioco il tema del sesso, e il tutto viene trattato con uno stile scuro, agghiacciante, scorretto, violento.
Nella sua semplicità, ogni aneddoto è in grado di scatenare domande con i suoi finali aperti.
Lo scrittore diventa forse mediocre, quando a tratti cerca riparo in un gratuito buonismo, e in un banale moralismo anticonformista.
Cosa che a me in genere poco esalta quando salta fuori da qualsiasi penna.
Questa però è una scivolata che all’autore concedo, considerando che Fenicotteri in Orbita è nato come libro per ragazzi.
In Inghilterra sono più avanti di noi sotto questo aspetto.
Da noi, nelle scuole, propongono ancora “Il Piccolo Principe”.
Fa te.
Che cul.
E poi ci lamentiamo perché semo indrio come la coa del musso.
(trad. siamo dei conservatori)

Tornando al libro in questione, ho apprezzato la maestria con cui Ridley riesce a giocare con gli spazi temporali. Lo fa in maniera naturale, senza farci confusione, miscelando il tutto fino a formare un racconto armonico che nel suo insieme, riesce paradossalmente a girare come le lancette di un orologio.
E’ il mago dell’ansia e qui mi spiego.
Quando vuole fartela venire, usa tutte le altre parole fuorché quella.
E lo so che mi sono spiegata male, ma insomma, io mica sono scrittrice per cui se volete capire cose intendo, procuratevi il libro.

13 racconti che sanno provocare.
Un bel gioco di contrasti tra l’universo giovanile e il mondo adulto, che si scontrano drammaticamente in una sfida senza vittime e carnefici, tra toni aspri e poetici, tra innocenza ed esperienza, il tutto rinchiuso nel pugno della quotidianità.



Poi dopo, tornando a parlare degli affari miei, io e il Mona abbiamo sospeso il tour dei mercatini.
Abbiamo guardato l’orologio, ci siamo salutati in tutta fretta.
Ognuno con una scusa diversa.
A noi ci piace raccontarci delle bugie bianche.
In cuor nostro entrambi sapevamo che quel giorno era Mercoledì.
E che il Mercoledì sul canale 3 della Rai
fanno una interessante trasmissione.




lunedì 4 novembre 2013

RECENSIONE Senza Candeggio n30 "Il Profumo delle Foglie di Limone" C.Sanchez

Chi si addormenta leggendo, chi si addormenta scrivendo


Titolo: “Il Profumo delle Foglie di Limone”
Autore: Clara Sanchez
Edito: Garzanti
Numero pagine: 361
Mese: Settembre/Ottobre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: prestato dalla mia collega “questo lo devi leggere” ha detto.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.

E’ il primo romanzo di uno spagnolo che leggo, non scrivo spagnola perché c’è pieno di maliziosi qua in giro.
 Di una scrittrice che viene dalla Spagna, diciamo.
Se non me l’avesse prestato la mia collega, dicendomi “Questo lo devi leggere”, molto probabilmente non l’avrei comprato di mia iniziativa.
 Non so dire il perché.
Forse perché so’ che gli spagnoli parlano la stessa lingua dei sud americani e lo stile dei sud americani mi fa venire le malinconie, la gastrite e un principio di cistite. Tutto insieme.
Una volta ho letto Coelho e ho preso il vaiolo.
 Clara Sanchez non sapevo come affrontarla, con le novità è sempre così.

Già dalle prime pagine, il suo stile introspettivo mi faceva venire voglia di andare a Roma, strappare le budella alla D’Urso e legarmele strette intorno al collo.
Però poi la trama risultata avvincente, per questo ho abbandonato il mio viaggio e mi sono lanciata in quello della Sanchez.

Il tema, è un evergreen.
La storia della persecuzione ebrea.
Un argomento che tritalo come vuoi, ognuno lo racconta a suo modo.
Ne “Il profumo delle foglie di limone” c’è l’odore della rivincita.
Anche la rivincita degli ebrei nei confronti degli ufficiali nazisti è già stata raccontata in tutte le salse.
Ci piace sempre, anche se spesso la moralità ci annoia e tendiamo a voler veder vincere i cattivi.
Non in questo caso.

Su questo argomento ne so di più dal punto di vista cinematografico.
Film come Train de Vie, Bastardi Senza Gloria e This Must be The Place, sono l’uno totalmente differente dall’altro ma vivono della stessa linfa.
Toccano i nervi giusti.
 Funzionano, appassionano, stupiscono, a tratti sembrano essere surreali sebbene parlino di un pezzo di storia non troppo distante dal nostro presente. Ti fanno addirittura incazzare.

 Ora, la Sanchez non m’ha fatto incazzare.

Per questo non riesco a capire se il suo libro mi è piaciuto o meno.
C’è l’attesa che vince sulla rassegnazione, c’è il disincanto, la confusione, un finale che resta in bilico tra il prevedibile e l’imprevedibile, qualche colpo di scena ma non troppo carico di tensione.
Volendo, chiudi il libro e ti porti a casa pure una lezione: la peggior pena e la miglior giustizia, é quella di riuscire a soggiogare la mente altrui.
Tutti questi, sono punti che giocano a suo favore, ma manca ritmo alla scrittura.
Non ho trovato nella scrittrice quello stile, quella personalità che forse –per come la vedo io- spesso è più importante della trama in sé.
O magari ce l’ha, ma non mi convince per niente.