giovedì 23 maggio 2013

RECENSIONE Senza Candeggio n22 H.Miller "TROPICO DEL CANCRO"

Enrico


Titolo: “Tropico del Cancro”
Autore: H. Miller
Edito: La Biblioteca di Repubblica
Numero pagine: 255
Mese: Aprile / Maggio
Motivo che mi ha spinto alla lettura: ho messo ordine nella mia vecchia libreria.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’.

Chi mi segue gliel’avevo già spiegata, quella volta là.
Quella volta che il mio moroso, aprendo l’anta di un armadio in camera mia mi ha detto Va che roba ti sembra il modo di tenere i libri e bla – bla - bla allora mi ha detto Ti costruisco io una libreria per via del fatto che mi ama ma soprattutto che il mio moroso, quando ci ha del legno in mano fa i miracoli e bisogna trovargli sempre qualcosa da fare se no si annoia.

Quando è stato dunque il momento di fare una cernita e ho deciso quali libri tenere e quali che no, vedo questo “Tropico del Cancro” e mi pare che io ce l’avevo nella vecchia libreria da almeno 15 anni. Mai letto. Faceva parte di una collana uscita in edicola, e il fatto che costasse poco ed era tutto compreso nell’abbonamento che avevo fatto, mi faceva prendere il lusso di accantonarlo (oh ma avete visto che gioco di parole che sto facendo dall’ultimo punto in poi?) 

A dire il vero, l’avevo pure cominciato a leggere, me lo ricordo, anzi è una certezza perché io ogni volta che leggo un libro, ci scrivo nella prima pagina il mese e l’anno in cui l’ho letto, di conseguenza vi do la conferma che sì, sono passati 15 anni, dall’ultima volta che l’ho preso tra le mani, il libro.

E ho capito perché lo avevo accantonato.
Là, la storia che costasse poco e che ne avevo uno alla settimana a basso costo, era solo una scusa. Basti pensare al fatto che io, 15 anni fa’ ancora studiavo quindi quelli erano soldi  mica miei ma del mio babbo. Figurati che peso potevo dargli, al portafogli che si svuotava indolore e lentamente a fine anno.

Ho capito perché l’avevo accantonato.
Lì per lì nelle prime pagine, non ci si capisce na’ fava.
Cavoli non c’è niente di peggio di un libro che comincia male, tant’è che lo stavo accantonando per l’ennesima volta.
Poi parlando col mio amico Massimiggggliano mi ha detto No Colli te par a ti a’ che l’è belo, mi sono convinta ad andare oltre, perché mi fido dei gusti di quel mio amico con quel nome lì.
Perché, così se lo volete sapere, l’inizio è tutto un figa qui e figa là, ed ebrei giù ed ebrei su, scritto in maniera devo dire anche poetica ma non che mi convincesse poi molto.
Una miscellana di parole prese e messe insieme, ma ho resistito, convincendomi a tratti di non essere io sotto acido, ma l’autore in preda all’oppio, o a qualsiasi tipo di droga che Miller, potesse usare nel 1930.

Poi tutto finalmente comincia a prendere ordine, Miller a tratti ti offende con la sua volgarità, e poi ti sorprende con la sua finezza, c’è della poesia, nella sua prosa.

Il protagonista (e parliamo di un libro autobiografico) è un disfattista, che gode della noia, della sciagura e della tragedia dell’essere umano, e ci ritrovo un’ostentazione, forse ma non son certa,  un merito: quella di voler registrare nel suo diario (perché più che una trama questo romanzo si snoda in tutta una serie di fatti ed incontri nella Parigi libera) tutto ciò che gli scrittori che  l’hanno prima preceduto, hanno omesso per pudore.
Sarcasmo e cinismo come se piovesse.
Due qualità che chi mi conosce, sa’ che amo.

Un susseguirsi di elenchi fatti di parole sporche, di immagini grottesche, di marcio, di piscio, di fame, di sete di una vita asciutta, pensieri sparsi di artisti scalcagnati, manigoldi, mendicanti, di gente che parla con la bocca piena, di soldi, di donne sudicione e un po’ puttane, di scarafaggi, pidocchi, cimici,  di panni sporchi stesi ad asciugare con ancora intorno, l’odore del sudore, del fumo e dell’alcol.

La nostalgia, il freddo, la pioggia.
Il sogno Parigino come il sogno Americano, una libertà che è solo un’illusione passeggera, ma che ai masochisti emozionali, piace sempre parecchio.



Allora io adesso, per chiudere, visto che anche come si chiude i discorsi è cosa importante,volevo prendermi una libertà anche se sono una donna e Miller sicuro non avrebbe apprezzato.
Per via di quella storia che vi dicevo, che l’inizio dei romanzi io per me è cosa seria, mi sono permessa di fare un collage di frasi che lo scrittore ha sparpagliato qui e là per il suo diario.

Io, fossi stata Miller, “Tropico del Cancro” l’avrei cominciato così.





Io sono un uomo che vorrebbe vivere una vita eroica e render più sopportabile il mondo ai suoi occhi. Se in qualche momento di debolezza, di abbandono o di bisogno, scaglio nel mondo qualche sdegno raffreddato in parole, qualche sogno infagottato in immagini, pigliatelo o  buttatelo via, ma non mi seccate.
Sono un uomo libero; ho bisogno della libertà, ho bisogno di rimurginare fra me e me le mie vergogne e le mie tristezze, di godermi il sole e i sassi della strada senza compagnia e senza discorsi, colla sola musica del mio cuore. Cosa volete da me? Quel ch’io voglio dire lo stampo; quel ch’io voglio dare lo do. La vostra curiosità mi fa stomaco, i vostri complimenti mi umiliano; il vostro tè mi avvelena. Non debbo nulla a nessuno e ho da fare i miei conti soltanto con Dio; se esiste.
Se a volte incontriamo pagine esplosive, pagine che feriscono e bruciano, che strappano gemiti e lacrime e bestemmie, sappiate che sono pagine di un uomo alle corde, un uomo a cui non resta altra difesa che le parole e le parole sono sempre più forti della menzogna, peso schiacciante del mondo, più forte di tutte le ruote e i cavalletti che i vili inventano per infrangere il miracolo della personalità.





Ammettetelo, faccio dei collage che sono la fine del mondo.





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