venerdì 18 gennaio 2013

RACCONTO infeltrito numero12 E' TUTTA COLPA DI HEMINGWAY



Supponiamo una cosa, venitemi dietro solo se ne avete voglia.
C’è un tizio che si mette in viaggio, un viaggio facciamo lungo un mese.
Mettiamo il caso che ha scelto di andare in ‘Merica, e più di preciso negli Stati Uniti. Ha evitato il sud per una scelta ben precisa: odia Marquez, Coelho eppure la Allende.
Lui, è più uno alla Kerouac da viaggio on the road, di quelli che fanno fico quando è che torni e ci hai da raccontare agli amici Che tu non sai quante me ne sono capitate!
Lui ha fatto l’autostop, si è fatto pure il coast to coast , e non partiva nemmeno a fare un pezzo di strada a piedi, se non ci aveva Eddie Vedder nelle cuffiette dell’ I pad.
Racconta che è stato nella California, dove là si è ingozzato di arance, giusto solo per capire cosa si prova ad essere nello stomaco di Fante.
Che tu non sai quante me ne sono capitate.
Ha abusato di benzedrina, e anche di marijuana, dice.
Ha visto cose oltre alle cose che c’erano per davvero, Anche lo sciamano di Jim Morrison, insiste.
In realtà, e questo lo sa solo lui e forse pochi, sei mesi prima ha approfittato di un offerta sul web dell’Alpitour, e l’ha presa al volo. Gite sul pulmino nel deserto, traversate col traghetto sotto il ponte di S.Francisco, indimenticabili escursioni sul tourist bus per le strade della Grande Mela, soggiorni in resort da sogno su spiagge da cartoline, compresa la visita sul set di Bay Watch.
Ha mangiato da schifo.
Questo risulta in entrambe le versioni. Quella veritiera, eppure quella del tizio, intendo. E’ solo Gordon Ramsel che si ostina a volerci far credere che quelli, gli americani, sono bravi a fare da mangiare.

Mi state seguendo, lo sento.

Ora, il tizio torna dalla sua vacanza -che insiste nel voler chiamare Viaggio- e la prima cosa che fa da buon italiano, è dirigersi al bar dell’aeroporto per spararsi un caffè senza troppa acqua.
Sfila il cellulare dalla tasca, toucha il numero di un amico, che se ha voglia di cenare insieme gli farebbe piacere perché se c’è una cosa che gli manca di casa, è proprio la buona cucina, Eppoi, ci ho da raccontarti quante che me ne sono capitate.

Da qui in poi, la storia va avanti così.
Sì guarda, già dal primo giorno ho capito che questo sarebbe stato il viaggio della trasformazione, cioè, quella interiore che ribalta tutte le convinzioni che avevi prima di allora sulla vita in genere. Cioè voglio dire, conosci gente, culture, fatti, cose, situazioni, numeri. Guarda, ci scrivo un libro perché a voce non renderebbe, capisci? E’ tutta una questione di… di… di sublimazione, mi  sento rigenerato, rinato. Sì penso che il mio libro lo intitolerò “La rigene-nascita”, spacca, eh?
Ah però, però ora ho bisogno di riempirmi lo stomaco.
Ci sono state notti turbolente, al di là dell’Oceano, notti insonni in cui tra un arancia e un'altra, sognavo ad occhi aperti grandissime abbuffate alla Tognazzi. Dai! Dai, portami in quel ristorantino ora, dai, quello dove siamo andati l’ultima volta, mmmhhh se ci ripenso, sai cosa mi sparo ora?
Una bella bistecca, di quelle rosse al sangue, cotte poco, Ci voglio infilare il coltello dentro e sentire ancora la vacca muggire, voglio vedere la carne galleggiare nel piatto, E di contorno? Ah di contorno, mmmhh patate novelle, quelle con la crosticina tutta intorno, croccanti fuori e burrose dentro. E i funghetti? Ci vogliamo mica mettere anche i funghetti insieme? Quelli che profumano di sotto bosco, soffritti nell’aglio e nel vino bianco, cotti a fuoco lento per ore e ore, una bontà, che solo in quel ristorantino lì li fanno così.
Voglio sedermi a tavola, leggere la lista dei vini e accompagnare il tutto con un buona bottiglia di rosso, sentire la leggerezza della tovaglia di lino accarezzarmi le ginocchia e vedere il mio viso barbuto riflesso in finissimi calici di vetro.

Torniamo a noi.
Il tizio convince l’amico a farsi accompagnare in quel ristorantino.
Per tutta la sera, non fa che parlare del suo viaggio, non smette mai, aggiunge dettagli, pure quelli più insignificanti, chiama di continuo il cameriere alzando il dito, con la prepotenza di chi vuole essere servito per primo. Il cameriere nel mentre fa il suo dovere, raccoglie le ordinazioni dei tavoli con la dovuta precedenza, ripone le portate sui tavolini circostanti. Il ristorante è piccolo e il tizio, ostenta nel narrare le sue avventure con un tono di voce qualche decibel più alto del necessario.
Lo sentono tutti, cameriere compreso.
Il cameriere è incazzatissimo.
Lavora in quel locale con uno stipendio da fame, non fa un’ora di ferie dal giorno in cui è stato assunto, cinque anni prima.Ci lavora feriali, festivi, fa pure il doppio turno, giusto per garantirsi l’affitto.
E il tizio, con quel suo dito sempre all’aria non lo aiuta per niente.
Prende l’ordinazione.
Segna sulla comanda la bistecca, e sì sottolinea che dev’essere al sangue, e le patate croccanti ma pure morbide, e i funghi, che devono avere il profumo del muschio, ma non troppo. Lo fa con il sorriso e la pazienza, come gli ha insegnato il suo titolare dev’esser fatto, che ci tiene lui, alla sua clientela.
Poi va in cucina, e aspetta.
Pensa alle quattro mogli che deve mantenere, e ci beve su.
Pensa a quanto gli piacerebbe vedere l’Africa, e ci beve su.
Pensa, che quello con la barba che vuole la bistecca al sangue, quello che alza di continuo il dito, poteva camuffarsi meglio, che si vede subito che è uno sbirro in borghese, quello, e ci beve su.
Ci mette un attimo, a finire la bottiglia di wiskey che tiene nascosta dietro il frigo per occasioni come queste, apre dunque una bottiglia di vino bianco, e la tracanna giusto per non pensare pure a quello.
Quando il cuoco lo chiama, quando il piatto del tizio col dito è pronto, il cameriere afferra il coperchio della pattumiera, lo gira e ci trasferisce sopra il tutto.
Adagia bene la carne da una parte, i contorni dall’altra.
Poi, porta al tavolo.

Cosa mi ha portato? Ma sparati amico!
Non aveva forse chiesto la bistecca al sangue, le patate croccanti ma pure morbide, e i funghi che devono avere il profumo del muschio ma non troppo?
 
Non tiriamola lunga.
E’ sempre solo una questione di presentazione, al diavolo pure i dettagli.

Ma soprattutto, è tuta colpa di Hemingway.




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