giovedì 23 gennaio 2014

RECENSIONE Senza Candeggio n46 "TUTTI i RACCONTI" F.Kafka



Titolo: “Tutti i Racconti”
Autore: Franz Kafka
Edito: Grandi tascabili economici Newton
Numero pagine:358
Mese: Novembre-Dicembre 2013 Gennaio 2014
Motivo che mi ha spinto alla lettura: il mio prof di scrittura creativa me ne ha fatto una testa tanta.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.
Il peggior sforzo che si possa richiedere alla mente di una persona, è quello di cercare simbolismi tra le righe.

Che dire di Kafka?
Mi sa da tipo che ama essere lasciato solo con la propria risata.
E poi mi sa anche da uno che vive barricato in casa, con le serrande abbassate e mille flaconi di alcol etilico a uso disinfetto – qualsiasi – cosa - tocco.
E resta al buio, le più volte. Per scelta.
E a volte si rosicchia le unghie dei piedi fino a farli sanguinare.
Quando ovviamente non è convinto che un esercito di formiche si stia intrufolando in ogni singolo poro della sua pelle e prende a pizzicarsi l'epidermide fino a farsi uscire i bubboni.
E dopo quando sopra i bubboni gli ci si fanno le crosticine, le stacca una a una e le conserva in un barattolo poggiato su di una mensola impolverata, posizionata immediatamente sopra allo stelo secco di quello che prima era un rigoglioso ficus benjamino.
E a volte anche esce, ma quando lo fa, diventa uno di quelli che mentre camminano si voltano di continuo convinto che qualcuno lo stia seguendo.
Credo pisciasse in piedi. Non è uno di quelli che si siede sul water per urinare. Nemmeno a casa sua. E mica perché la tazza ormai è gialla, ma perché pisciare da seduti non è una filosofia che gli appartiene. Tutto lì.
E dopo mi sa da uno che gioca a fare le ombre cinesi sulle parete.
Parte prima serio.
Stendi gli palmi delle mani, incrocia gli pollici e fa l’aquila.
Dopo poggia il gomito destro sulla mano sinistra, piega il polso della mano destra, unisce le 4 dita al pollice e fa lo struzzo.
Dopo alla fine si annoia, mette la lampada dietro alle orecchie e proietta sul muro la sagoma di Dumbo.
Lo fa così, giusto per ridere, poi torna a staccarsi le crosticine dai bubboni.
Sovente si scaccola, ma chi non lo fa?

E tutto questo traspare nella sua scrittura.
Nelle sue parole c’è lo sconforto, la rassegnazione di far parte di un mondo immutabile, il tormento di dover convivere con ciò che da sempre non è mai cambiato, l’assoluta certezza di dover vivere in un posto marcio, dove i sognatori trovano respiro solamente in ciò che la realtà trasforma in grottesco, le sue pagine pullulano di false sicurezze che portano a tutto fuorché alla leggerezza.
Un umorismo nero che entra a far parte di te non da subito ma via-via che riesci a toccare le corde del suo stile.
Leggi Kafka e vieni travolto dalla stessa inquietudine che poteva prendere un malato di febbre nel 1800.
E riesci quasi a convincerti che l’esistenza sia solo un peso.

Mi sono ritrovata ad appassionarmi, davanti ad alcune sue storie ma al contempo, a cominciarne altre e a lasciarle indietro, forse più che per noia, per colpa della scarsa curiosità nei loro confronti.
A volte manca di vivacità.
Non è una battuta.
Vivacità intesa come ritmo, che sono convinta possa esistere anche nel buio più scuro.

Chissà se Franz Kafka avesse conosciuto Tonino Guerra, di cosa avrebbero parlato.

Ho chiuso il libro, e ho sentito dentro una gran voglia di leggere “Le Avventure di Tom Sawyer.”



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