giovedì 6 marzo 2014

RECENSIONE Senza Candeggio n48 "LE AVVENTURE DI TOM SAWYER" M.Twain




Titolo: “Le avventure di Tom Sawyer”
Autore: Mark Twain
Edito: Crescere Edizioni, la biblioteca per ragazzi
Numero pagine:222
Mese: Gennaio 2014
Motivo che mi ha spinto alla lettura: voglia d’avventura e tenerezza.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà

E allora gli dico alla mia collega “Le avventure di Tom Sawyer!”
Eh, mi dice lei, ma è un libro per bambini.
No sai, le dico, non credo sia giusto decidere a chi destinare un libro. Voglio dire, prendi chessoio gli Harmony, mica detto-vero che sono destinati a donne insoddisfatte in preda a crisi ormonali. Io ad esempio un Harmony l’ho letto per farmi delle risate. Detto questo che potremo dire? Potremo dire che gli Harmony sono destinati a un pubblico in cerca d’ilarità? No di certo.
E allora lei mi dice, sì capisco che vuoi dire. Ad esempio “Il piccolo principe” è anche per gli adulti, no?
Eh, le ho detto io.
Solo “eh”.
Poi ho fatto cadere il discorso e siamo tornate a parlare di quello che parlavamo prima che io avessi cercato di cambiare discorso. Scambiavamo le nostre opinioni circa le zoccole leccaculo che girano per la fabbrica.
Non lo so, su questo mi sembravamo più in sintonia.
A parte la conclusione.
Dove io sono fermamente convinta che le zoccole avranno per sempre il potere in mano, e lei tutto il contrario.

Ora io do per scontato che a voi magari, delle zoccole leccaculo che girano per la fabbrica dove lavoro, ve ne possa fregare relativamente.
O meglio, trovo più interessante tornare a parlare del libro piuttosto che de le desgrasie.
Sarà l’ottimismo che mi ha trasmesso Tom.

Parliamo di un romanzo dotato di ritmo, ironia e sagacia. Quel genere di libri che non vedi l’ora arrivi sera per metterci su gli occhi.

Sin dalle prime pagine, ho desiderato una cosa.
Munirmi di un galleggiante di fortuna, tipo una botte, e fissarci sopra delle assi di legno, magari con delle corde da marinaio.
Crearmi una zattera di fortuna, insomma, di quelle che sembra funzionino sì, se provi a lasciarle nell’acqua.
Di stendermi sopra alla mia imbarcazione, con la testa verso il cielo, il libro tra le mani e una pagliuzza di grano tra le labbra.
Non pensare a nulla, se non stare a bagno e lasciarmi trascinare della placida corrente del fiume che mi ospita, col vento che mi solletica i capelli.
Senza sentire il bisogno di vivere alcuna avventura se non quella di Tom, senza la fretta di dover raggiungere un punto ben preciso.
Stare così, in ammollo, godendomi una tiepida giornata di sole, un sole timido che non insiste nel manifestare la sua grandezza, quel sole che riesci a fissare per un po’ senza poi vedere gli aloni, quello che ti scalda le ossa, ma non ti brucia la pelle, quello che lascia spazio nell’infinito blu alle nuvole, nuvole leggere che non promettono acqua e si trasformano nelle forme più inimmaginabili. Un sole capace di farsi da parte, quando è ora che arrivino le stelle.
Stelle che disegnano carri, e pulsano, qualche volta cadono sulla linea dell’orizzonte del fiume stesso, e fanno da cornice a Sirio, che a sua volta pulsa nella volta, bianca come un diamante.

Poi va beh, io sono pigra e la zattera non me la sono andata a costruire.
Non ho nemmeno fatto lo sforzo di uscire di casa, e stendermi su un prato col mio libro.
E’ Gennaio, ‘ndo volemo nar?
Sono rimasta a macerare sul materasso della mia camera da letto.
E me lo sono fatta bastare.

Adoro il lato malinconico di Tom in netta contrapposizione al suo animo vivace e brillante.
E adoro il suo vittimismo, capace di creare più tenerezza, che pesantezza.
Impazzisco per lui, che impazzisce per il gusto di una mela e usa come gioco un topo morto e una corda per farlo dondolare, che baratta biglie di marmo bianco con aquiloni, scacciapensieri, soldatini di stagno, che colleziona pezzi di vetro rotto di una bottiglia blu per guardarci il mondo attraverso, che esplora caverne e se ne esce impasticciato di sego di candela dalla testa ai piedi. Amo Tom per i porri che ha sulle mani, lo amo per come se gli è procurati passando il tempo con le rane, e amo i metodi “infallibili” che conosce per liberarsene.  Amo come se la sa cavare assieme all’amico Huck, le loro diavolerie, buoni e generosi nonostante i pregiudizi, che insistono al diniego per principio, sempre pronti a combinare una birichinata. Amo come se la sanno cavare anche con la fame accontentandosi del cibo che gli regala il fiume, e la loro convinzione che quello, è il banchetto più prelibato del mondo. E amo per l’appunto come viene trattato il tema dell’amicizia, fatta di patti di sangue, giuramenti, segreti e complicità. Quel genere d’amicizia che poi da adulto rimpiangi ma che ti fa commuovere quando ti coglie di sorpresa, proprio mentre pensavi non sarebbe più successo,

E amo nel complesso lo stile di Mark Twain -a tratti sì è vero forse dissacrante- ma che riesce sapientemente a fermarsi prima di diventare scorretto, inopportuno, inadeguato.
Completo sino all’ultima pagina, a dispetto di molti scrittori, riesce a mettere la parola fine col migliore degli inchini.

Una romantica storia d’avventura e d’amicizia,
forse la più bella che abbia letto fino ad oggi.

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