giovedì 20 marzo 2014

RECENSIONE Senza Candeggio n50 "LA FATTORIA DEGLI ANIMALI", G.Orwell




Titolo: “La Fattoria degli Animali”
Autore: George Orwell
Edito: Mondadori
Numero pagine:125
Mese: Gennaio 2014
Motivo che mi ha spinto alla lettura: poi ci arrivo.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.

Io per chi non lo sa per sfinimento, io se uno non l’ha ancora capito, il mio scrittore italiano preferito è Nori Paolo.
E proprio mentre sto scrivendo la recensione di questo libro, adesso che è Marzo ma sono pigra e sto scrivendo quello che penso di un libro che invece l’ho letto a Gennaio, sto leggendo un libro di Nori Paolo.
E mi sono imbattuta dico fatalità in un po’ di sue righe che mi hanno fatto venire in mente, io secondo me ci stavano benissimo per dire come lo vedo il libro col titolo La Fattoria degli Animali, che l’ho scritto sopra, è di Orwell e poi tanto lo sanno tutti.
Le righe che m’intendo sono queste:

“A me mi succede così, invariabilmente: quando mi avvicino a un libro che me ne hanno parlato bene, alla fine sono deluso. (…) Ti piace Pasolini? Chiedono. Ti piace Wim Wenders? Alla domanda su Pasolini non dico niente: faccio partire la testa verso destra, poi le faccio fare una curva stretta ma morbida, com’è disegnata, e la porto a sinistra, la fermo in salita. Alla domanda su Wenders dico di sì, che mi piace. Quando mi chiedono i film, gli dico di no, che non li conosco. Allora come fai a dire che ti piace Wim Wenders? Wim Wenders, gli dico, mi piace il suo nome. Che lui ha un nome di battesimo che se lo ribalti di centottanta gradi, si legge uguale.”

Poi il libro va avanti, ma quello che m’intendevo era quello.
Tipo che la Fattoria degli Animali mi fa fare i disegni con la testa come Pasolini a Nori.

Quando che devo dire un mio parere, mi viene sempre in mente il mio insegnante di progettazione del liceo.
Mi viene in mente quello che ci diceva perché per i nomi io non sono tanto portata a ricordarmeli.
Lui ci diceva Butei, non si può dire “mi piace” o “non mi piace”, c’è da dare delle motivazioni, mica siamo all’asilo, adesso.
Allora io se posso dire il mio perché dico che a volte semplicemente le cose possono anche non dirci nulla, non riescono a toccare nessuna corda, tutto lì il perché.

Non ci vedo il senso.
Dico di usare degli animali come che fossero uomini.
Se si sceglie una figura sta’ bene, ma tutto il contesto attorno ci ha da girare come ha sempre girato.
Intendo.
Perché non ambientare la stessa storia chessòio in un paesino sconosciuto posto tra la galassia interstellare gamma e il pianeta interminchia ipsilon senza ricorrere a figure simboliche?
Aspetta che mi spiego meglio.
La scelta dell’autore è quella di paragonare l’uomo all’animale?
Ci sto.
Ma allora gli animali non devono atteggiarsi da uomini, non devono usare gli attrezzi da lavoro come che se avessero le manine. Non devono parlare con gli umani alla maniera che gli umani usano le parole per parlare d’affari.
Così perde di potenza e credibilità, e c’è pure il rischio di perdere il filo, per come la vedo io.
Mi sta bene che si usi il maiale come figura di spicco, che gli si attribuisca l’ingordigia che lo caratterizza, e via andare ma dopo tutto il resto lo vedo debole.
Poi non lo so se mi sono spiegata proprio bene, a essere sincera.

E’ comunque indubbio che durante la storia, ti ritrovi a dover affrontare una tragica escalation, di cui puoi immaginare il proseguimento ma non fino a che punto si spingerà.
Amaro, ma non commovente, profondamente adattabile ai giorni nostri, sebbene sia stato scritto nel 1945.

Forse però non era stagione per leggerlo.
Magari, l’avessi letto ai tempi che il mio insegnante di progettazione ci diceva quelle cose che vi ho detto prima, sarebbe stato diverso.
Magari dovevo leggerlo quando l’entusiasmo degli scioperi e delle occupazioni e delle autogestioni, mi scorreva caldo nelle vene.
Quando ero convinta come tutti i giovani di poter far girare il mondo nel verso contrario.
Mi chiedo dove ho perso tutta quella energia,  quando ho preso ad abbandonarmi alla rassegnazione, quando ho cominciato a guardare tutto dietro alla finestra facendomi investire da questo masochismo tacito e dallo sconforto.

Comunque gli animali con tutto ci centrano un cazzo.
Ci centra un cazzo se lo ribalti di centottanta gradi, si legge uguale.

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