mercoledì 12 giugno 2013

RACCONTO Infeltrito n19 "O" come TelecOm.




                                        “O” COME TELECoM.



Avrei voluto scrivere un racconto in cui mi facevo trovare preparatissima, su quel mito di Orfeo.

Dico “mito” come per dire nel linguaggio dei giovani -che erano giovani negli anni 90- “quel fico, quel ganzo, quel tosto”, ma forse sbaglio a usare questi termini perché non sono mai stata giovane, nemmeno negli anni 90 quando anagraficamente giovane ero per davvero e tutti parlavano usando gli slang.
Invece io, sono sempre stata intrappolata in una mente da anziana.
Mai usato slang in vita mia, ad esclusione se possiamo includerle, di colorite esclamazioni quali  ad esempio “cazzo o vaffanculo” ma adesso, non uso più nemmeno quelle, per una scelta di stile.

Avrei voluto scrivere un racconto in cui mi facevo trovare preparatissima, su quel mito di Orfeo ma da quando mi è stato assegnato questo tema, sono rimasta bloccata con internet.
Per bloccata, intendo mica una stipsi cerebrale, che è vero, non sono Steve Jobs –che Dio lo abbia in gloria- e nemmeno Bill Gates –beati i so schei- ma bloccata nel senso che la Telecom mi ha sospeso il servizio di navigazione.
Quante storie, solo perché ho dimenticato di pagare la bolletta.
E Potrei stare qui ora delle ore, a parlarvi delle innumerevoli discussioni avute con gli operatori dei call center, ma non lo farò perché adesso, voglio parlarvi del mito di Orfeo, anche senza poter accedere a internet.

Avrei voluto scrivere un racconto, in cui mi facevo trovare preparatissima, su quel mito di Orfeo ma temo di non poterlo fare.
Sempre per il discorso che sono intrappolata in una mente da anziana.
Devo essere sincera. La sera in cui mi hanno parlato di lui, a lezione, non ero molto attenta. Ci avevo una stanchezza.
Ho preso qualche pidocchioso e striminzito appunto, poi ho pensato Ma sì, mi documento a casa, con calma, magari in un momento più favorevole, non come ora che sono sveglia da 20 ore per via del lavoro che faccio e faccio a fatica a ragionare col cervello.
Sono senile, non ci ho più 20 anni e comunque, anche quando anagraficamente ci avevo 20 anni, dopo 20 ore non filavo più tanto coi ragionamenti.

Avrei voluto scrivere un racconto, in cui mi facevo trovare preparatissima, su quel mito di Orfeo ma temo di non poterlo fare.
Anche per via del fatto che io a casa, metti che va bene uno non ci ha internet ma il pasticcio, è che io a casa, non ho nemmeno un libro di mitologia greca. Mica perché sono razzista ma perché sono ignorante.
Uno quindi potrebbe dire, Beh allora perché non sei andata a comprarne uno? E io lì per lì sinceramente, con tutto il nervoso che ci ho in corpo da una settimana a questa parte –un po’ per via del servizio sospeso, ma soprattutto per il fatto che dormo pochissimo- è meglio che mica lo trovo uno che si azzarda a darmi una risposta così perché c’è il rischio che torno a usare una di quelle parole che ho detto non uso più per scelta di stile.
Poi io per esempio per come la vedo, se devo cader di grazia, preferisco non caderci per un motivo così ma magari preferisco, se posso scegliere, usare una di quelle parole colorate per indirizzarla a uno degli operatori del call center della Telecom Italia la ringraziamo per aver chiamato, a’ mammata, a’ sorrata, all’immortacci.




Tornando a noi.
Magari qualcun altro potrebbe dirmi Va bene ma perché non scrivi un racconto sul mito di Orfeo basandoti su quei seppur miseri appunti che hai preso?
Allora io, dovesse succedere che qualcuno per davvero ci ha il coraggio  di farmi una domanda del genere, ho pensato che potrei rispondergli Ma tu, hai mai valutato l’idea di andare a fare l’operatore telefonico alla Telecom?


Magari glielo direi alla maniera delle vere anziane, agitando una ciabatta al vento, scegliendo come sottofondo l’incantevole musica dell’acqua che bolle mentre nel suo fondo, nel fondo dei suoi inferi, giace un cavolfiore rattrappito.


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