lunedì 24 giugno 2013

RECENSIONE Senza Candeggio n27 "Guarda l'Uccellino", K.Vonnegut

Vonnegut, mangiatore di Bondola coi Pistacchi.



Titolo: “Guarda l’Uccellino”
Autore: Kurt Vonnegut
Edito: Narratori Feltrinelli
Numero pagine: 249
Mese: Giugno
Motivo che mi ha spinto alla lettura: il mio amico Aliprandi mi ha messo la curiosità.



RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.

Ci ho un mio amico, l’Aliprandi, che come me la sera dopo lavoro invece di andare a correre, gli piace scrivere.
E da quando ha cominciato a leggere i libri di Vonnegut, secondo me, scrive da Re.
No che prima facesse pena, ma adesso è più fico, sempre secondo me.
Fico nel senso di scrivere, che la sua ragazza o il mio moroso non me ne vogliano, chiaro.

Allora, dicevo, mi ha messo la curiosità.
A dire la sincerità, di Vonnegut volevo leggere “Le sirene di Titano” o “Ghiaccio-Nove” o “Mattatoio n5” o “La Colazione dei Campioni”, ma in libreria avevano solo “Guarda l’Uccellino” e andavo di fretta.

Comunque, sempre secondo me, andava benissimo lo stesso guarda l’uccellino.
Adesso spiegatemi dove state guardando.
“Guarda l’uccellino” è il titolo del libro.
Che è una raccolta di racconti, pubblicata postuma la morte di Kurt.
Oh avete visto sopra, che faccia ha?
Che ridere.
Sembra un mangiatore di bondola coi pistacchi.

14 racconti.
Di cui secondo me, 5 potentissimi, gli altri un po’ meno.

L’atmosfera, resta comunque la stessa, per tutta la raccolta.
Sembra quella di un sogno, una nebbia, dove i contorni restano sfuocati e ovattati ma all’improvviso vengono illuminati da abbaglianti dettagli che a loro volta, creano dinamicità, sgomento, curiosità.
Una penna semplice, dalla prosa immediata e veloce ma che allo stesso tempo, graffia con la sua satira.
Un grottesco ottimismo indebolito però da quello che io credo Vonnegut ritenga un indispensabile happy end.

E’ più forte di lui.
Può pure cascare il mondo, ma se casca non si sfracella.
Piuttosto perde gravità e va a rimbalzare su di un enorme Big Babol all’uva.
Ah che Big Babol si scrive così, è giusto, ho appena controllato.
Alzi la mano chi sapeva che in Libano ne mangiano a camionate.

Tornando a parlare di Vonnegut, tengo precisare che nonostante lo spirito all’uva gommosa, non ci fa mancare niente:
dall’incantatore di sbirri, ai qualunquismi sulla borghesia.
Si parla di manie, abitudini, onore, di geni, geni nel senso di persone geniali.
D’invenzioni che superano di gran lunga quella delle televisione, di scoperte e studi che non possono competere con la psicanalisi.
Il giallo, il noir, la fantascienza, e straordinarie scuse per giustificare omicidi.


Chiudo.
Che sarà mica il modo di chiudere, questo.
Allora lo faccio alla maniera del mio amico Aliprandi.
Con l’epitaffio che ha scritto su Kilgore Trout.
Chi è Kilgore Trout?
Provate a digitare su internèt.
Chi è Aliprandi?
Torno a ripetervelo, come avevo scritto nella recensione n25 “Fiesta” nominandovi il Maestrello: comprate il libro “Tutta Colpa di Hemingway”.



Kilgore Trout
n.1907 o 1917 m.1981 o 2001 o 2004
Vissuto nella mente del suo creatore, scrisse opere miserabilmente memorabili su riviste pornografiche di bassa lega.
Morto con successo più volte, l’ultima delle quali suicida nel 2004 dopo che una veggente gli predisse la rielezione di George w.Bush, sulla sua lapide sta scritto: La vita non è il modo di trattare un animale. Nonostante l’infinita laboriosità di Trout nessuno si accorse mai di lui tanto da fargli credere di essere morto finché era vivo, tranne quando vinse il Nobel per la Medicina. L’Accademia Americana delle Arti e delle Scienze volle che sulle sue ceneri venisse eretto un monumento sul cui fronte era incisa una citazione del suo ultimo romanzo, il duecentonono, incompiuto all’epoca della sua morte. Il monumento si presentava così: Siamo sani soltanto finché  le nostre idee sono umane.                                                                                                                                                                                                 - Davide Aliprandi-

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