lunedì 4 marzo 2013

RECENSIONE senza candeggio numero 16. "STAGIONI DIVERSE" -Stephen King

L'autore, avvolto in una t-shirt sobria.

Titolo: “Stagioni Diverse”
Autore: Stephen King
Edito: Sperling Paperback
Numero pagine: 587
Mese: Febbraio
Motivo che mi ha spinto alla lettura: consigliato dalla mia amica Shgeeesssica, detta “Zia Shgessicah cor l’acca.

RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’.

Così, tanto per cominciare adesso vi faccio una premessa, che le premesse sono fatte proprio per essere messe per prime.

Questo fantastico romanzo, che di fantastico romanzo è ciò di cui parliamo, è bene sapere una cosa, di questo romanzo.

Stephen King, di mestiere fa lo scrittore.
E questo forse già lo sapevate, ma ora vi dico una cosa che forse non sapevate.

Di giorno, stendeva due romanzi, e la sera, prima di andare a letto, così, giusto perché non sapeva cosa fare, lavorava a “Stagioni Diverse”.
Che non è il nome di un pub e nemmeno di un ristorante, ma del libro che sto recensendo in questo momento.

Non avete ancora capito perché la primavera vi sta dando alla testa.

Sto parlando di un autentico capolavoro, che è stato scritto da una persona che -mi auguro- con tutte le buone probabilità di questo mondo, come ogni essere umano che si rispetti, alla sera tirava la bocca facendo la forma di una grande “O” e diceva “Vacacan, son desfà tasi che è venua sera anca ancò, adesso vo in leto e spaco il materasso”. Ma che però prima di addormentarsi anziché leggere un libro piano piano ne scriveva uno, e soprattutto esclamava quanto ho appena scritto non in dialetto veronese ma in ‘mericano.

Sono quattro racconti uno più bello dell’altro, talmente belli, che se non li avete letti, magari li avete visti, perché ci hanno tratto no uno, no due, ma ben tre film da questi racconti. E i film sono Le Ali della Libertà, L’allievo, Stand by Me. Se a qualcuno può servire a dormire meglio ‘sta notte, si sappia che Stand by Me è uno dei miei film preferiti. Se dormivate lo stesso, tanto meglio, se la cosa non vi fa dormire, provate a sfidare King e a scrivere un libro così fico come il suo.

Signori e signore inchinatevi tutti davanti a questo mostro, genio, stacanovista, chiamatelo come vi pare che io non saprei perché ogni aggettivo è limitativo.

Con la premessa credo di aver finito, in ogni caso dovesse venirmi in mente altro, farò una postilla, che le postille sono fatte proprio per essere messe in fondo.

Stagioni Diverse, nasce nell’anno in cui io indossavo ancora il pannolone.
Ora, io non sono vecchia, è il libro che è ancora incredibilmente attuale, di grande spunto stilistico e narrativo per chi, come dei miei amici, gli ci piace scrivere e vuole se può trarne insegnamento, ma anche per chi, come dei miei altri amici, gli ci piace solamente leggere così perché ci ha la sua passione e Dio grassie che esistono anche quelli che gli ci piace leggere se no i miei amici che gli ci piace scrivere, farebbero la fame, che tanto la fanno già lo stesso.

Ma stavamo parlando forse dei miei amici? No, allora andiamo avanti e parliamo di me che da quando sono iscritta a facebook mi viene che è una meraviglia.

Io Stephen King non sono mai riuscita ad affrontarlo prima di qualche giorno fa e se ci avete un po’ di pazienza, ora vi spiego pure il perché. Da ragazzina, la stronza di mia sorella mi ha costretta a vedere It, il film der pajaccio che sbuca dalle fogne e ne sono rimasta a dir poco scioccata, tanto che pure ora, appena vedo un palloncino volare libero e leggero nell’aria o un clown, vado via di testa. Non scherzo, se volete farmi un dispetto, portatemi al circo o liberate a mia insaputa una palla di plastica colorata nel cielo e assisterete a uno dei miei tanti attacchi di panico. Oh, adesso che ve l’ho detto, non fate le merde però.

Ma la Sgesssicah che è una mia amica e di lei mi fido, un giorno che stavamo facendo uno dei nostri discorsi della cultura (zia Shgesssicah non ridere!) mi ha detto Comprati Stagioni Diverse, vedrai che ti piace!
E la zia Shgesssica ci ha sempre ragione, c’è poco da fare.

Ho letto il libro in pochissimi giorni, e non fa la paura, fidatevi di una piscialetto come me.

King, ha la grande abilità di saper creare buonissime e brevi tensioni, il tempo che basta da iniettartele nel sangue ma non troppo da circolare nelle vene tanto da perdere d’intensità, tipo che come  mi pare si chiama adrenalina, questa cosa qui.
Non ti riesce di schiodarti dalle pagine. La stanchezza, e la curiosità reale del lettore, danno vita a un’ulteriore ansia psico-fisica in grado di fondersi tutt’uno con le parole dello scrittore, portandoti a una sana isteria che per l’appunto, non ti permette di poggiare il libro sul comodino.
E non è magistrale solo nelle tensioni, ma pure nel figurato. Le descrizioni che fa dei personaggi sono a tratti poetiche, ma insieme realistiche. I salti temporali ti buttano in confusione, ma al tempo stesso ti costringono a mantenere l’attenzione sulla storia.

Usa un sacco di similitudini, per nulla banali. Purtroppo me ne sono accorta solo a metà libro, che la sua è una scelta stilistica, ma la cosa che mi sono ripromessa di fare, quando tornerò a leggerlo –perché sicuramente lo farò- è di segnarmele tutte, una per una. Ne vale la pena, non sono esaurita, calmi tutti, leggetelo per capire cosa intendo dire.

Non sono portata per i finali intuitivi, mi danno una punta di fastidio ma King lo può fare. Geniale l’idea di giustificare questa cosa che gli appartiene, inserendolo in un racconto tramite la voce narrante di Gordon, uno dei protagonisti de  Il Corpo (Stand By Me) racchiuso appunto in questa raccolta. C’è quella scena, in cui Gordon racconta una storia di sua fantasia agli amici, perché Gordon scrive i racconti.
“Sì, bene, e poi che è successo?” chiese ansioso Teddy.
“Non lo so.”
“Come sarebbe non lo sai?”
“Sarebbe che è finito. Quando non sai dopo che cosa è successo, allora è finito.”
“Cooome?” esclamò Vern (…) “Com’è questa storia? Come ne esce?”
“Devi usare la tua immaginazione.”

Avrei voglia di parlarvi di ogni singola storia, ma ho paura di annoiarvi, sempre ammesso non l’abbia già fatto. E non voglio sminuire il grande lavoro fatto dell’autore.
Se però vi ho incuriositi, e decidete di comprarne una copia, ecco forse non vi consiglio la mia edizione.
Ve la sconsiglio se siete pignoli e amanti dei dettagli, come me quando leggo e non quando scrivo.
Ve la sconsiglio perché a mio avviso, i traduttori non hanno fatto un buon lavoro.
Usano spesso forme verbali e ripetizioni cacofoniche che tolgono armonia alla narrazione. Senza parlare del fatto che ricorrono al verbo incominciò con grande frequenza.
E io, sebbene il dizionario italiano riconosca la parola “incominciò”, la odio. Prima di tutto, perché preferisco “cominciò” secondo poi, perché ho grande fiducia nei sinonimi, che la nostra lingua, quella dello italiano è bella pure per questo motivo.

Poi va beh ragassi i caratteri sono piccolissimi e talvolta mal stampati, quasi sbiaditi. Ho rischiato lo strabismo, lo giuro.
Tanti i punti di sospensione. E su questo alzo le mani, che non so se è una scelta dei traduttori, dell’editore o dello scrittore. Sono ignorante e come tale forse non dovevo nemmeno tirare in ballo quest’ultimo discorso. In ogni caso io i punti di sospensione non li sopporto. Mi sembrano una tecnica sbrigativa per togliersi di mezzo un pensiero e un discorso…

Vi saluto con un paio di righe dello Stephen, comunque…


Le cose importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, perché le parole le immiseriscono – le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a una grandezza naturale quando vengono portate fuori.
(…) E potreste fare rivelazione che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi finché lo dicevate. Questa è la cosa peggiore, secondo me. Quando il segreto rimane chiuso dentro non per mancanza di uno che lo racconti  ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare.
Le cose più importanti sono le più difficili da dire, perché le parole le rimpiccioliscono. E’ difficile far in modo che un estraneo provi interesse per le cose belle della tua vita.

-Il Corpo (Stand By Me)



Detto questo, non ho postille da fare.



 


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