domenica 29 settembre 2013

RECENSIONE Senza Candeggio n37 "ACCIAIO", Silvia Avallone




Titolo: “Acciaio”
Autore: Silvia Avallone
Edito: Rizzoli
Numero pagine: 360
Mese: Settembre
Motivo che mi ha spinto alla lettura: obiettivi masochisti.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.

Così, giusto per dare un ordine al blog, decido di dedicare il mese di Settembre, a titoli di libri che hanno avuto grande successo sulla bocca di tutti.
Ho deciso di farlo perché credo non sia giusto denigrarli così, per partito preso, senza prima averli letti.
Ora, visto e considerato che la mole è considerevole, visto e considerato che della gente spesso non mi fido, visto e considerato che nutro una sorta di bene nei confronti di me stessa, non escludendo l’ipotesi che può essere magari domani attraverso la strada e un tir cingolato carico di ghisa può investirmi facendomi passare a migliore -o forse peggior- vita, ho deciso di fare una scrematura.

Quindi, dal momento che in un mese ho visto riesco a leggere 2 romanzi e una raccolta di racconti, ne ho scelti tre a caso.
O meglio, mi sono fatta prestare i titoli in questione da persone che ho deciso lascerò anonime per una questione di sensibilità. La mia, sia ben inteso.

Comincio con Acciaio, della Silvia Avallone.
Ricordo d’aver visto una sua intervista alle Invasioni Barbariche, il programma della Bignardi.
E la Daria, ce ne ha fatto su un ricamo di quelli che vi raccomando.
Una scrittrice giovane e promettente, diceva, che farà strada, aggiungeva.
Con tutto che a me la Bignardi sta quasi simpatica come tutte le stronze di questo pianeta.
Con tutto che a me piace come la Bignardi riesce a mettere in difficoltà i suoi ospiti, con tutto che di lei mi fidavo, vorrei togliere ogni dubbio al lettore e dire che no, non me l’ha prestato la Bignardi Daria, questo libro, ma un’altra.

Sono partita dunque con grandi aspettative nei riguardi della Avy, ma già subito dalla prima pagina, dove c’è stampata la dedica, mi si sono piegate le ginocchia.
Io delle dediche ho la mania.
Voglio dire, quelle poche righe che gli autori fanno stampare all’inizio, lì alla prima pagina, per me sono importanti quanto la scelta del titolo, rappresentano lo scrittore, dal mio punto di vista, quello di una che non capisce un niente.
Ora, dovesse essere che una botta di fortuna mi permetta di pubblicare qualcosa di mio, ad esempio, non scriverei mai una frase da pigna in culo tipo:
“A Eleonora, Erica, Alba le mie migliori amiche.”
Non lo farei mai.
E vi dico anche il perché: parole del genere farebbero di me una frigida 30enne, ferma col cervello ai tempi dell’astuccio imbrattato di sigle tipo TVUCDB scritte con l’Uniposca.

Ma la Avy è tenace, dura a morire, non si accontenta di piegarti le ginocchia con la dedica, no, infierisce dandoti un’ulteriore mazzata sul collo col titolo del primo capitolo.

Il titolo del primo capitolo è AMICHE DEL CUORE.
Dovreste vedere come ho tappezzato il resto dello spazio lasciato intorno al titolo.
Tornate a immaginarvi l’astuccio di cui vi parlavo sopra.

Quindi, vuoi un po’ perché siamo partiti male, vuoi un po’ perché ho cominciato a imbattermi nella lettura, la prima domanda che mi sono fatta è stata: ma la Avy (e il suo correttore di bozze) le elementari le hanno finite o come mia nonna si sono fermati alla terza?

Ora io, per fare in fretta, potrei prestarvi il libro, quello che è caduto sotto la mia matita. Voi potreste sfogliare le pagine, e cercarvi tutti i punti interrogativi che ho segnato lungo il tragitto.
Sono tantissimi.
Ma dal momento che mi rendo conto fisicamente sarebbe un ardua impresa, vi riporto alcuni passaggi, e sottolineo la parola alcuni, perché voi io ve lo giuro, non potete immaginare quanti siano.
Per fare ancora più presto, ve ne riporto il meno possibile, che si sa, le disgrazie non piacciono a nessuno.

· Quello era il paradiso. L’unico veramente vero. (veramente vero forever.)
· L’amore dentro la cabina buia. Senza ragionarci, senza preservativo, e chi restava incinta e lui se la teneva, aveva vinto. (tengo precisare che ho riportato il periodo papale – papale se qualcuno me lo spiega mi fa un piacere)
· Sono indifferenziate, sono nude (ma che è? Immondizia?)
· Perché non siamo uguali? Siamo diverse, però siamo uguali. (bah.)
· Aveva uno sguardo sperso. (An o capio.)

Oh no dai, davvero, basta. Se volete il libro ve lo presto, davvero, veramente vero, ve lo presto e vediamo se la vediamo uguale però indifferenziatamente , perché so che non siamo uguali, che siamo diversi però uguali. Non guardatemi con lo sguardo sperso, vi prego- preghissimo.

Un mio amico direbbe Che miserie. Lo cito, così, per uscire dal tunnel.
Ora, appurato il fatto che su certe cose proprio non ghe semo, veniamo alla trama.

Non manca niente: zoccole e tamarri, disgrazie, soprusi e tragedie famigliari.
 Motorini truccati, macchine modificate con alettoni stile Batman, stereo a palla e gomiti fuori dai finestrini sulle note della musica house.
 La disabile ottimista in pace col mondo, la sfigata, le racchie, le mega fighe.
 I bulli a petto nudo coi ray-ban sugli occhi e  le catene d’acciaio al collo, i jeans mezzi sbottonati con l’orlo degli slip bene in vista, fighetti che lanciano sguardi feroci e gratuiti ai passanti della serie “tu non sai chi sono” e a cui le morose durano come i gatti sull’Aurelia.
Adolescenti vissuti che dicono frasi tipo “la vita mi devasta, non rompermi i coglioni levati di culo, questa è una storia davvero pesa, fly down capo”
Ragazze che sfilano tra i tavolini del bar succhiando il Calippo come porno star affermate.
C’è l’amore lesbo, e ragazzine che scrivono sui propri diari -con l’indelebile nero e la scolorina- frasi colme di punti di sospensione, scambiando i puntini sulle i con dei cuori.
Fidanzati che infilano le mani l’uno nella tasca dei jeans dell’altra e passeggiano “facendo le vasche in centro”, uscendo con frasi tipo “oh bimbi, c’ho uno sbrano!” dopo aver fumato una canna.
Che assecondano la loro fame chimica, andando a mangiare il gelato al TOPONE, chiamandolo proprio come un grosso ratto e non TOP-ONE in inglese, come l’insegna del negozio suggerisce.
Ragazze che aspirano a diventare veline di Striscia la notizia, che scatenano risse, tirandosi i capelli e dicendosi “bimba stai calmina, chi ti caca” o sfoggiano un lessico fatto di innumerevoli “cioè, praticamente”.

Qui mi fermo, sempre per quel fatto là che dicevo, che le disgrazie non piacciono a nessuno.

Mi rendo conto che questo elenco fa apparire l’intero romanzo fortemente ironico, ma ormai mi conoscete, e sapete che vuole essere esattamente il contrario.
C’è pure una storia dietro tutto questo, e la possiamo descrivere in poche righe.
Due ragazze sono amiche per la pelle, il loro sogno è andare sull’isola d’Elba, per tutto il tempo questo viaggio ci pare tutto tranne che possibile.
Poi le ragazze litigano e non sono più migliori amiche.
Dopo fanno la pace, la mamma di una le da 5 mila lire e dice “tenete ragazze, questi vi basteranno.” Le ragazze vanno al porto, prendono prima due biglietti, poi il resto, poi il traghetto, e tempo due minuti raggiungono l’isola.

Ciliegina sulla torta, il finale.
Nome e cognome della scrittrice, luogo e data della fine della stesura del romanzo.


Nessun commento:

Posta un commento