martedì 2 aprile 2013

RECENSIONE senza Candeggio n19 "LOLITA", V.Nabokov

Vladimir, un anziano Petulante.
 



Titolo: “Lolita”
Autore: Vladimir Nabokov
EditoLa Biblioteca di Repubblica
Numero pagine: 312
Mese: Marzo
Motivo che mi ha spinto alla lettura: Ci avevo voglia di scandalizzarmi con un classico.


RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITà.

Parto che vi racconto un fatto curioso.
Ci ho messo quasi tre settimane a leggere questo libro. Un’eternità.
E fin qui, io direi che di curioso c’è poco.
La curiosità è che in quelle quasi tre settimane, facevo un incubo ricorrente.
Ricorrente, l’ho fatto due volte, ma credo possano bastare per definirlo tale.

Adesso ve lo scrivo così non continuo ad andare a capo coi periodi, che magari è stressante così dico graficamente, da leggere. L’incubo era così: cioè, partiva con la realtà. La sera prima di addormentarmi leggevo questo romanzo, poi lo chiudevo quando sentivo che stavo partendo con le palpebre, lo mettevo sul comodino e mi addormentavo. Attenzione che ora ve lo racconto. Tantissime lettere confuse mi investivano, per lettere intendo caratteri, non lettere nel senso postale del termine. Tutto un gioco di piani, chessòio, la  T si catapultava a grande velocità verso  la  mia persona, diventava gigantesca, quasi m’investiva, mi sfiorava e poi, via, andava scemando verso l’esterno a ritroso, tornava indietro e si trasformava poniamo il caso in una M. E la M poi, tornava in primo piano enorme davanti a me, e nell’avanzare diventava una F, e di nuovo si restringeva indietro per tramutarsi in una A, e poi, di nuovo avanti ma le lettere diventavano 2 e poi tornavano indietro ma erano 3 fino a che, non mi ritrovavo a un certo punto che mi veniva da soffocare da quante lettere che mi circondavano. Tutto in bianco e nero senza neanche un poco di aria intorno.
A quel punto, mi svegliavo in piena notte unta di sudore, col fiato corto e la saliva senza, respirando mica come una persona normale respirerebbe per stare regolarmente al mondo.

Col senno di poi, questo l’ho chiamato Effetto Nabokov.
E io col cavolo che in questa vita mi vado a leggere un altro suo lavoro, però adesso quando mi sento che ci ho l’affanno, battezzo quel momento come Effetto Nabokov, che mi fa sentire intellettuale da matti.

Sono certa, un lettore su tre di questo mio blog, l’ha letto, Lolita.
E se non l’ha letto, ne ha senz’altro sentito parlare per cui non so se questa volta la trama ve la racconto per bene.

Ci avevo voglia di scandalo. E anche di un classico della letteratura.
Sono fatta così, ogni tanto un classico lo leggo per spezzare, che se no a leggere solo libri di gente contemporanea finisce che perdo le origini, non si fa.

Lo scandalo è evidente nella storia in sé, che la conosciamo quella del vecio depravato, paranoico, pazzo, che si innamora della ragazzina e vuole darci da intendere che anche lei lo è.
E a volte ci riesce pure a farcelo credere, secondo me.
Non dico che dietro tutto questo non ci sia uno scandalo per carità, che se c’è un genere umano che io gli ci auguro di essere attaccato alla forca per i maroni, sono proprio i pedofili.
E’ che ci avevo delle aspettative diverse, nello stile narrativo.
Pensavo di arrivare a detestare l’autore, a schifarlo, a inorridire davanti alle sue parole, e invece, quello che più aspettavo era sapere cos’altro aveva da raccontarmi.
Una curiosità non dico morbosa più che altro… vediamo se riesco a fare un esempio per essere più chiara.
Ecco, come se avessi a che fare con un amico del bar che se ne stà lì a parlare e a vaneggiare tutto il tempo  e a un certo punto mi ci scappa da dirgli sbuffando Si va bè o capio, ma struca-struca, veto avanti?Comela finia?

Per un periodo, durante la lettura, mi auto convincevo di essere anziana, mi dicevo Silvia sei tua nonna - Silvia sei tua nonna.
Lo facevo così, per provare il brivido in ciò che lo scrittore voleva comunicarmi, arrivando persino al punto di colpevolizzarmi, di pensare Bé, forse quello che mi sta dicendo Nabokov mi annoia e non mi sfiora perché sono una ragazza moderna, anche se certi classici li ho amati con tutta me stessa, non è che mi annoia e non mi sfiora per il semplice fatto che l’autore è petulante, puntiglioso e deve descrivere ogni singolo e inutile dettaglio che lo circonda, così per sfizio, no- no, ma va là.

E intanto, mi prendevo a frustate camminando a piedi nudi sui ceci.
Così, perché l’auto castigo è affar serio.

Passiamo oltre.

Io credo non fosse nelle sue intenzioni, ma a certi momenti mi faceva scappare da ridere,  quando ad esempio scriveva cose tipo:

- Nei miei rapporti igienici con le donne, ero pratico, ironico e sbrigativo.
- Mio caldo amore lanuginoso.
- Olezzava di frutteti di ninfolandia.
- Aveva un costume da bagno color malva glande e uno nero olè.
- Il padre di Mary seduceva una pecora, pensieri simili fragranti e vagabondi mi sono sempre stati di conforto nei momenti d’insolita tensione.

Ce n’ho una lista lunghissima, potrei andare avanti per molto.
Sarà che io sono scema e come si dice qui dalle mie parti “mal màura”, ma forse è proprio per merito di questo genere di frasi se in qualche brutta maniera sono riuscita ad arrivare
-seppur con fatica- alla fine del romanzo.
Frasi che mi sembravano più ironiche che altro, però.
E mi sa che non è proprio così che andavano interpretate.

In ogni caso, io le ultime 50 pagine del libro non le ho ben capite.
Ci avevo una confusione, porca vacca.
Quindi non chiedetemi com’è che finisce di preciso la storia.
Mi pare che lei scappa, poi si mette con uno e fanno un bambino.
 E il faccia di mer*a uccide uno e dopo va in prigione.
In sostanza.
  

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