venerdì 27 luglio 2012

RECENSIONE SENZA CANDEGGIO numero 3. MARGERITA DOLCEVITA.

BennIgor




Le righe che seguono, sono frutto di  una piena crisi pre-mestruale.
La sottoscritta, declina dunque ogni responsabilità verso terzi e soprattutto verso se stessa.
Chiudiamo dunque il mese di Luglio con…




Scheda tecnica
Titolo: “Margherita Dolcevita”
Autore: Stefano Benni.
Edito: Feltrinelli
Numero pagine: 206
Mese: Luglio
Motivo che mi ha spinto alla lettura: consigliato dalla Fasoli e della C.Bussola.



RECENSIONE E OPINIONI DI DUBBIA UTILITA’.

Conoscevo una bambina fatta un po’ a modo suo, come del resto tutti i bambini lo sono.
Questa bambina (che forse più che una bambina, era un’adulta molto piccola) ogni mattina si svegliava, e dopo essersi messa ben in testa, spiando dietro ogni mobile dell’appartamento che non ci fosse nascosto nessuno, apriva lo sportello della credenza in cucina.
Tra il mucchio di cianfrusaglie, estraeva un vecchio pentolino stile anni ’70 cimelio di una dote di nozze. Un pentolino laccato rosso col bordino nero facile allo scrostamento, che riempiva di latte e metteva a scaldare sul fornello.
Il metodo di valutazione per capire se la colazione avesse raggiunto il grado desiderato, era quello di un po’ tutti: intingere l’indice al suo interno.
E ogni volta conseguentemente a questo test epidermico, sbatteva i piedi a terra infastidita, perché ogni giorno incollato a quel dito, si ritrovava la tanto odiata pannina.
Eppure, era una bambina attenta a tutto, chiaro, se escludiamo il discorso della pannina,
Quindi, prendeva dalla dispensa due Kinder Briosh, ne stringeva una per mano, e sentendosi l’ultima delle cow-girl rimaste in circolazione, le faceva esplodere stringendole tra il palmo e le dita, scoppiando quotidianamente in una fragorosa risata.
Ultimata la colazione, si dirigeva in bagno, prendeva una modesta quantità di carta igienica e con dei pennarelli, la imbrattava di motivi floreali.
Odiava i fiori, ma a scuola tutte le sue compagne avevano in tasca un fazzoletto a fiori.
Ultimato il tutto, raggiungeva sua madre che aveva la fissa del sonno anche quando era sveglia, le dava un bacio sulla guancia e s’incamminava verso scuola.

Aveva avuto nell’ordine: una giraffa, un elefante, un dinosauro viola.
Ma anche animali di piccola taglia, per la precisione prima una formica, poi una processionaria.
E come tutti, un cane tipo Lessie e un gatto bianco, tipo gatto bianco.
Più un’amica con il vizio di correre anziché camminare. Si chiamava Stellina.
Un elenco imbarazzante, siamo tutti d’accordo.
Se però consideriamo che, tutti questi personaggi vivevano solo nel suo immaginario allora forse, tutto torna.
Questa bambina, da grande voleva diventare

UNA BALLERINA DI TIP- TAP carriera troncata sul nascere dopo l’idea malsana che le era balenata per la testa: costruirsi un paio di scarpe da tip- tap. Ora senza vi racconti tutta la storia, provate a legare con dello scotch due monete sotto le vostre scarpe. Una sul tallone l’altra sulla punta. Avete fatto ? Ecco. Adesso, azzardate qualche passo di charleston e poi fatemi raccontare dal vostro osso sacro com’è andata a finire.

Chiuso con la danza, ha puntato verso altri orizzonti, ne era pienamente convinta, sarebbe diventata

SPIDERMAN. Dal momento che, nessuno si decideva comprargli un costume da uomo ragno, aveva deciso di costruirselo da se: retine d’arancia, facilissimo. Vanno bene sia come vestito che come munizioni- ragnatele. Ha dovuto fare un paio di giri al pronto soccorso prima di rendersi finalmente conto che arrampicarsi sui muri le era contro natura, ma una volta fattasene una ragione, ha puntato ad altre aspirazioni.

Conscia di quello a cui stava andando incontro, ha optato per

LA MILITARA. Decisa nel suo progetto bellico, un giorno, armata di forbici si è fatta tagliare i capelli. Corti. Molto corti. Quando troppi amici hanno cominciato a prenderla per il culo, ha cercato di mettere in giro la voce d’avere i pidocchi ma ormai era troppo tardi, già tutti sapevano che voleva andare in Jugoslavia a salvare i bambini in guerra.
Che poi, era vera la storia al contrario.
Aveva i pidocchi, ma per la paura che gli altri la credessero una lebbrosa, aveva raccontato la storia della sua missione di pace.
E i bambini avevano trovato più interessante la versione inventata, anche se la maggior parte, credeva che la Jugoslavia fosse più o meno vicino alla Cina e la guerra, un torneo di Risiko.
Mica roba da tutti avere un babbo che non ti parla come fossi un criceto, e ti racconta cosa succede nel mondo.

Allora si è un po’ stancata di pensare a cosa fare da grande, gli amici immaginari li ha messi da parte perché cominciava ad annoiarsi a intrattenere contorti monologhi, e degli amici quelli in carne e ossa… beh a mio avviso ne abbiamo già parlato più o meno abbastanza.
Quindi, ha cominciato a scrivere storie e…

Un attimo! Ci arrivo - ci arrivo, un attimo.




MARGHERITA DOLCEVITA questa bambina (l’adulta molto piccola) me l’ha ricordata un sacco, sin dalle prime righe:

“Rivendico il diritto di ognuno a chiamare le cose non soltanto col nome del vocabolario, ma anche con quelle del vocabolaltro, cioè un nome inventato e scelto. In fondo tutti lo fanno (…) mio nonno, che è un po’ arteriosclerotico, mi chiama Mariella, Marisella oppure Venusta, che era sua sorella.”

Un tipino tosto e con le idee chiare, nulla da dire.

In realtà, la cosa che proprio mi spezza di Margherita, che poi è pure la protagonista del libro è che lei, per tutta la storia sapete cosa fa?
Scrive poesie brutte e inizi, ma solo inizi di libri.
E poi li mescola narrando tutto ciò che le accade realmente intorno.
Voglio dire, Benni ci racconta tutto quel che c’ha da succedere mettendosi nei panni di Margherita.
A essere proprio sincera, la trama in sé non è che mi abbia particolarmente elettrizzato, per cui mi sa che nemmeno ve la racconto. Però mi raccomando, leggetelo perché va fatto.

Lo stile di Benni è calzante, ironico, frizzante divertente. A me piace, mica che è il suo primo libro che leggo.
Se devo fare qualche appunto negativo allora dico che secondo me, scrivere romanzi visti con gli occhi di un bambino è difficilissimo, e Margherita spesso inciampa in riflessioni che a mio avviso,  non possono appartenere a un mondo nano.
E poi, io c’ho la fissa dei dialoghi, no?
Ecco, dal mio punto di vista qui non sono il massimo della vita.
Troppo serrati, e chiusi con la formula classica “-ho detto –ha detto –ho spiegato –ha risposto “ …e via andare.

Io su questa cosa delle poesie brutte e degli inizi di romanzi, ci ho proprio perso la testa.
Ed è qui che mi voglio soffermare.
Non so se qualcuno ci ha mai pensato prima ma sarebbe mica male lanciare nel modo dell’editoria una cosa simile.
Direte si, beh, gente che scrive robe brutte, ne trovi pieni gli scaffali  nelle librerie, hai voglia!
E invece no, se la pensate così, vuol dire che non mi state seguendo.
Qualunque scrittore io credo, si lancia sul mercato convinto d’aver scritto qualcosa di fico.
Siamo noi, che poi ci possiamo prendere beatamente la libertà di dire:
“Questo lo giro a mia zia, la settimana prossima compie pure gli anni!” oppure, “Lo dono alla biblioteca del quartiere così faccio pure un gesto nobile.” o “Domani è Martedì, tocca alla raccolta carta, dove avrò messo quel libro del…”

Capite cosa intendo?
Ci vorrebbe qualcuno che una mattina si alza e dice:
“E poi sai che c’è di nuovo? Oggi scrivo un intero libro con solo inizi, tutti inizi che non c’entrano niente uno con l’altro, ma a patto che siano brutti, terribilmente brutti.”

E per brutti, non voglio intendere volgari, troppo facile.
Deve esserci una ricerca anche nel brutto.
Parole cacofoniche, freddure, assurdità, banalità in rima e ricerca delle parole più semplici che per dimostrarci intelligenti o consci di una certa padronanza lessicale, spesso tendiamo ad escludere o accantonare.

E questo è il mio progetto per chi volesse seguirlo, ammesso non esista già.

Allora io adesso vi saluto tutti con un racconto.
Un racconto sempre del Benni che mica è preso da “MARGHERITA DOLCE VITA” ma da un altro suo libro che si chiama così: “IL BAR SOTTO IL MARE”.
Prova del fatto che, volente o dolente, chi scrive non può fare a meno di scappare dal suo.


 “C'era un uomo che non riusciva mai a terminare le cose che iniziava. Capì che non poteva andare avanti così. Perciò una mattina si alzò e disse: "Ho preso una decisione: d'ora in poi tutto quello che inizie..."


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